Lanciamo oggi una nuova rubrica malacopia: Racconti. Buona lettura!
BELLA
Ho sempre amato negli afosi pomeriggi di luglio stendermi all’ombra di un noce frondoso e lasciarmi andare ad un pigro sonnecchiare, interrotto ogni tanto da una mosca molesta o da un rumore lontano.
Da anni ormai praticamente vivo qui nell’Orto Botanico, un vero e proprio angolo di paradiso. Passeggiando per i suoi vialetti, dal profumo delle piante e dei fiori si possono riconoscere, anche ad occhi chiusi, non solo la stagione, ma addirittura l’ora del giorno. Sebbene posto al centro della grande città, l’Orto Botanico era un’isola felice; lontani restavano i rumori e le brutture della vita cittadina.
Mi chiamo Bella e devo ammettere che come nome è piuttosto pretenzioso, ma lo porto con modestia e nessuno me lo ha mai rinfacciato. A modo mio, sono il braccio destro di Giovanni, il giardiniere. Da lui ho imparato un’infinità di cose sul mondo botanico, ma soprattutto un estremo rispetto per ogni pianta, che ha i suoi tempi, le sue predilezioni e il suo modo di comunicare con il mondo.
L’estate è per l’Orto Botanico un momento di stasi: è finito il turbolento rigoglio della primavera ed è giunta la calma e la stabilità del produrre frutti. I colori si sono fatti più intensi e anche la terra sembra più grassa, impegnata com’è ad alimentare le sue nuove creature.
Quel giorno di luglio, avevo finito il mio sonnecchiare proprio quando il cielo cominciava a infiammarsi del rosso del tramonto prima di scolorire verso le tinte più tenui della sera. Sbadigliai soddisfatta e mi diressi verso il fabbricato centrale dove Giovanni cominciava a rassettare prima di chiudere ed andarsene.
A quell’ora tutto in genere era silenzioso, tutti avevano lasciato il palazzo, posto al centro dell’Orto Botanico. Entrando dalla porta a vetri, mi resi subito conto che qualcosa non andava. Scorgevo Giovanni pallido e impietrito, ma una colonna dell’atrio m’impediva di vedere che cosa lo stesse terrorizzando.
Mi mossi piano senza far rumore, aggirando la colonna quel tanto che mi permettesse di capire cosa stava accadendo. Un uomo male in arnese minacciava Giovanni con un coltello. All’improvviso, l’uomo iniziò ad urlare, voleva l’incasso della giornata. Giovanni cercava, balbettando, di spiegargli che lui era il giardiniere, che i soldi, se c’erano, dovevano certamente essere in amministrazione dove il personale, come sempre, l’aveva messo al sicuro in cassaforte.
L’uomo, sempre più minaccioso, avanzava muovendo il coltellaccio a destra e a sinistra, come se volesse affettare il povero Giovanni. Gli si avvicinò e lo costrinse ad accompagnarlo negli uffici al piano superiore, ma dovette arrendersi all’evidenza: di denaro non ce n’era e per aprire la cassaforte era necessaria la combinazione che conosceva solo il responsabile dell’amministrazione.
Sempre più nervoso, il delinquente fu attratto per un momento da un soprammobile che pareva di un qualche valore e per un attimo voltò le spalle a Giovanni, che ne approfittò per tentare di disarmarlo. Purtroppo l’uomo era giovane e forte e Giovanni, che era ormai avanti con gli anni, ebbe la peggio. Finì steso a terra con il delinquente che lo bloccava con un ginocchio sul petto. Gli avvicinò il coltello alla gola, ma intanto si guardava intorno per individuare il modo migliore per svignarsela.
Giovanni si mosse, l’uomo alzò il braccio armato e fu in quel preciso momento che gli balzai addosso nella speranza di fermarlo. L’uomo si voltò di scatto. Sentii il coltello entrarmi nel petto, ma riuscii a vedere Giovanni che, balzato in piedi, uscì dalla stanza, chiudendo la porta a chiave per correre a telefonare alla Polizia.
Stesa a terra sentivo che tutto diventava opaco, la vita se ne andava, ma ne era valsa la pena perché avevo salvato quella del mio amico.
Spirai tra le braccia di Giovanni che volle che il mio gesto non fosse dimenticato. Fui sepolta sotto il mio noce preferito ed una piccola lapide recitava: “Qui giace Bella, cane coraggioso che si è sacrificato per il suo padrone, dimostrando un amore e una devozione sconosciuta agli uomini.”
Rossana Conte
Volendo descrivere il breve racconto con una sola parola, lo definirei luminoso. Dall’inizio alla fine, infatti, le immagini in sequenza evocate da da frasi limpide e ordinate, mi appaiono colme di luce e colore, un colore intenso e variabile come le sensazioni forti e semplici di un essere vivo, percettivo, attento. Un anima-le che nella realtà, sublime e tragica, tra amore e privazione non ha dubbi di scelta. Il sacrificio di se, come nel “l’usignolo e la rosa” di Oscar Wilde, è Via verso l’eternità, un eternità indescrivibile che pur riesco a risentire e riasvoltare, in un’altra narrazione bella, ome il cuore di una donna che ha saputo descriverla, forse senza saperlo o volerlo, così.
Marcella, il tuo commento ci riempie il cuore di gioia ! Speriamo di poterti regalare nuove emozioni anche con i prossimi articoli. Un mega abbraccio malacopioso !
Ho trovato questo blog su google, sto leggendo con gusto tutti i post che riesco… il blog e’ semplicemente fantastico, complimenti.
grazie, grazie, grazie! ….ci inchiniamo a te e baciamo le mani!!! 🙂
Grazie mille Monica 🙂 Stay tuned! 🙂