Storia breve dell’igiene dimenticata (seconda parte)
Tra sei e settecento, l’igiene personale, che al tempo dei romani era basata su bagni regolari, venne affidata alla pulizia a secco: si faceva un grande uso della cipria per il lavaggio a secco dei capelli, che i nobili coprivano con le parrucche. Invece che lavarsi, si ci cambiava di frequente la biancheria, che assorbiva il sudore e la sporcizia. Si pensava che bastasse indossare una bella camicia pulita: l’importante, in fin dei conti, non era esser puliti ma sembrarlo!
Il bagno vero e proprio veniva fatto una volta l’anno, ma solo prendendo le dovute precauzioni, nemmeno fosse stata una pericolosa medicina: prima del bagno era necessario purgarsi, subito dopo era consigliato riposo a letto, che poteva durare anche qualche giorno, e osservare una dieta leggera.
Nel 1610, re Enrico IV trovò perfettamente normale che il suo ministro Sully non fosse in condizione di recarsi da lui, anche se convocato, a causa del necessario riposo conseguente ad un bagno. Non solo il sovrano francese raccomandò al suo ministro di restare a casa quel giorno, ma consultò anche il medico di corte, la cui opinione fu che qualsiasi sforzo avrebbe potuto pregiudicare la salute di Sully. Questi fu, in ragione di ciò, invitato a non recarsi alla presenza del re fino all’indomani e, comunque, solamente se fosse rimasto in camicia da notte, papalina e pantofole.
Il bagno “annuale” veniva affrontato prevalentemente nel mese di maggio. Dal momento che la maggior parte dei matrimoni si svolgeva a giugno, divenne abitudine che le spose, per contrastare il proprio ed altrui “aroma”, si dotassero di un bouquet di fiori, tradizione che vive tuttora anche se ormai nessuno ne conosce l’origine.
Si tenga presente che strade cittadine ricevevano tutto ciò che gli abitanti non volevano più: acque nere, scarichi delle attività artigianali, rifiuti di qualsiasi natura. Il tutto finiva naturalmente nei corsi d’acqua che attraversavano le città e i borghi. Questi, pur carichi di ogni sozzura, fornivano l’acqua per bere, lavare i piatti e le pentole… Beh, non stupisce che periodicamente esplodessero epidemie che falcidiavano la popolazione senza pietà, ma senza scalfire la convinzione comune che lavarsi fosse proprio la causa di tanta tragedia.
Qualcosa da allora è certamente cambiato, sebbene le strade di molte città e borghi, rimangano tuttora “gravide di ogni sozzura”. Eppure, il problema olfattivo persiste e mi chiedo perché. Forse, mi dico, è insito nella cultura mascolina di una parte della popolazione italica la convinzione che “l’omo vero ha da puzzà!”.
Rossana Conte
…for malacopia
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