Federica Iacobelli, scrittrice e sceneggiatrice, dice la sua in questa malinvista! Buona lettura!
Tu e malacopia: cos’è per te la malacopia? Ci racconti un episodio che ha a che fare con la malacopia?
Ogni parola ha un suono e devo confessarvi che il suono della parola “malacopia” non mi piace. Certo, se penso alla malacopia come alla brutta copia di quando scrivevamo i temi a scuola e dovevamo ricopiare in fretta e furia prima che suonasse la campana, penso a una cosa dolce, bella… Ma al committente, al lettore, allo spettatore, credo vada donata sempre la “bella copia”, quella che riteniamo più vicina alla meta che ci siamo prefissi e che abbiamo provato a raggiungere con il mestiere, l’impegno e la dedizione.
Lavoro: di gruppo o solitario?
Solo chi sa lavorare in solitario può e sa lavorare davvero anche in gruppo. Poi, naturalmente, ci sono esperienze lavorative che hanno bisogno del confronto di gruppo e ce ne sono altre peculiarmente solitarie, perché chiedono la discesa nell’intimo del proprio immaginario.
Ci descrivi il tuo lavoro: come lo vivi e come lo pensi?
Vivo e penso il mio lavoro come un artigianato necessitante come tale di costanza, metodo, strumenti tecnici, dedizione, “materia prima” e umiltà. Scrivere è come suonare, come danzare, come recitare, ma anche come fare l’insegnante, il biciclettaio, il falegname, l’elettricista, l’editore, il critico, il sound designer, il giurista, l’atleta. Mi piace pensare che ogni lavoro abbia bisogno di cura, di talento e di fatica.
Cos’è per te la creatività?
Una parola abusata, quindi privata di una sua intensità originaria: abusata soprattutto da chi non l’ha davvero coltivata. Credo d’altronde che ogni essere umano abbia la sua “creatività” e che chiunque, se amato e educato a essere se stesso e non a inseguire identità fittizie per mancanza d’identità, possa esprimerla nei campi che gli interessano, non necessariamente artistici, anzi.
Creativo “vero” è utile, certo, ma nel paese della repressione del vero sé il vero creativo è raro. Il creativo è generoso, ama, non è affetto da ipertrofia ma al massimo da ipotrofia dell’io, è altro-centrico insomma, sempre teso all’altro da sé e all’impossibilità di possederlo, come l’uomo di Emmanuel Levinas o di Luce Irigaray. Il creativo non dice “sono creativo”, sta zitto e fa, dona se stesso e così dà linfa alla vita del mondo.
Un’idea per il futuro.
Si sarà capito, visto che non sono molto ironica… : meno parole, più fatti; meno progetti, più opere!
con amore
… Federica Iacobelli e malacopia
Ascolta l’audio trailer de La città è una nave di Federica Iacobelli per La voce nel libro!
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