A regia di Fabio Grossi, Prima del silenzio di Giuseppe Patroni Griffi ritorna alle scene .
Scritta nel 1979, ed andata in scena nel 1970 con l’interpretazione di Romolo Valli – per il quale, peraltro, era stata scritta e al quale apparteneva ed apparterrà per sempre per espressa volontà dell’autore – e Fabrizio Bentivoglio con la regia di Giorgio De Lullo, poi riportata alle scene nel 1991 da Aldo Terlizzi con l’interpretazione di Mariano Rigillo e Giulio Scarpati, Prima del silenzio ridiventa ora carne e vita grazie alla bella intuizione di Fabio Grossi e Leo Gullotta di riportarla alle scene, proprio sul palcoscenico del Teatro Eliseo di Roma, laddove aveva debuttato come novità assoluta.
Prima del silenzio è infatti un dramma scritto dal poco rappresentato, purtroppo, nonostante sia uno dei commediografi più rappresentativi della drammaturgia italiana del novecento, Giuseppe Patroni Griffi. Storia semplice ma di grande contemporaneità e profondità, potrebbe apparentemente apparire come uno scontro generazionale. Tuttavia, lo spettatore comprende che il vero senso è nello scambio reciproco, nel giocare ad armi pari, fra il silenzio pragmatico dell’uno ed il fiume di parole dell’altro.
Un uomo, un poeta, un artista decide all’improvviso di abbandonare famiglia e qualsivoglia impegno civile per andarsene a vivere ai margini della società, in un dark side qualunque – oggi si direbbe – con un giovane spiantato, molto attraente, marchettaro probabilmente, ma con una grossa onestà di fondo. Fra i due si instaura un rapporto di reciproca dipendenza, con anche implicazioni sentimentali. Lo scontro, pur inevitabile, è costruttivo: i due provengono da opposti e quasi inconciliabili percorsi. La convivenza procede fin dove è possibile, fin dove trova linfa vitale ma, inevitabilmente, è destinata a compromettersi e ad interrompersi…
Fabio Grossi moltiplica i piani di lettura del testo e come in un block notes impronta la sua regia su sovrapposizioni, interruzioni, ripetizioni. Al posto della deriva, che voleva l’autore, dei due naufraghi su di una zattera, crea un ambiente neutro con due sole feritoie laterali per gli ingressi dei protagonisti, incorniciato in un quadro illuminato da neon fosforescenti. Ben presto le pareti di quello spazio delimitato diventano schermi dove proiettare immagini, mare, isola, nubi, schizzi di macchie di colore. D’un tratto, a chiedere lo spazio cala dall’alto un nuovo muro, un’altra parete, un altro velatino dove proiettare presenze, figure che si animano grazie anche al contributo prezioso di Luca Scarzella e Franco Patimo, che impreziosiscono molto con immagini e suoni lo spettacolo.
I fantasmi evocati dal protagonista, moglie, figlio, domestico, altro non sono che proiezioni del subconscio. A nulla varrà la sollecitazione del figlio che, dapprima, chiede una possibilità di riabilitare il genitore trascurato ma chiede anche quel riconoscimento letterario, proprio per l’interessamento del figlio, tanto agognato ma infine rifiutato e disconosciuto. L’insuccesso è stato perseguito dal protagonista con precisa volontà e costante accanimento. Le parole, le sue parole, desiderate, cercate, amate, trovate e perse, finiscono per essere la sua condanna e la sua redenzione.
Straordinario ed impagabile per la generosità messa in campo, Leo Gullotta evita qualsiasi confronto con i suoi illustri predecessori e crea un personaggio a tutto tondo, schivando tutte le insidie del personaggio. Porta avanti per la gran parte dello spettacolo un monologo/delirio, se si fa eccezione per le ‘interruzioni’ del ragazzo e delle varie presenze/fantasmi. Mette a segno un’interpretazione assolutamente eccezionale, che lascia un segno profondo nello spettatore e nella storia della rappresentazione di quest’opera. Peraltro, in un momento dello spettacolo, inforcando un paio di occhiali, con la sua barba e i suoi capelli canuti Leo Gullotta ci riporta per un istante alla memoria proprio Peppino Patroni Griffi ed è una bellissima emozione.
Non gli è da meno l’altro interprete, che condivide la scena con lui, il giovanissimo e talentuosissimo Eugenio Franceschini, che nella parte del ragazzo ascolta, asseconda, gioca, fa da spalla ma che, nel finale a sorpresa, si prende la rivincita e con una sorprendente energia consente al suo personaggio di tenere testa in maniera convincente al protagonista.
Gli altri interpreti in video sono Sergio Mascherpa, che descrive con adesione una gustosa quanto divertente apologia della lotta di classe, Andrea Giuliano, appassionato figliuolo prodigo, e Paola Gassman, vivisezionata e destrutturata nelle proiezioni di scena ma che pare essere a suo perfetto agio, quanto mai viva e combattiva.
Belle anche le luci di Umile Vanieri e le musiche di Germano Mazzocchetti su sound anni settanta.
Mario di Calo
for malacopia
PRIMA DEL SILENZIO di Giuseppe Patroni Griffi, regia di Fabio Grossi; con Leo Gullotta ed Eugenio Franceschini e con le apparizioni di Sergio Mascherpa, Andrea Giuliano. Con l’apparizione speciale di Paola Gassman. Video Luca Scarzella, musiche Germano Mazzocchetti.
Produzione Teatro Eliseo, in collaborazione con Fuxia contesti d’immagine.
Dal 22 ottobre al 17 novembre Teatro Eliseo, a seguire in tounée.
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