Quando uno comincia a leggere qualcosa sul mondo romano, e magari si chiede cosa mangiassero i Romani a pranzo e a cena, incappa in lui, nel garum. I Romani lo mettevano su tutto, un po’ come gli Americani metterebbero tendenzialmente su tutto il ketchup, pure nel cappuccino. Ecco, i Romani il garum non lo mettevano nel cappuccino, ma solo, temo, perché ai tempi dei Romani il cappuccino non c’era ancora, sia per mancanza di caffè sia per mancanza di monaci da cui farsi ispirare per il nome.
Il garum non è facile spiegare esattamente cosa sia, perché dal mondo romano sono arrivati a noi molti accenni, ma non una ricetta completa. Ricostruiamo cosa fosse quindi in base a quel poco che sappiamo, e, da quel poco che sappiamo, possiamo ipotizzare con una certa precisione questo: il garum era una schifezza.
Era un impasto di interiora di pesce mezze essicate, che già fanno schifo di loro al solo pensarci, per di più lasciate a fermentare (modo elegante per evitare di dire “marcire”) sotto al sole in otri di terracotta, che fa quindi più schifo ancora. Da tutto ciò si ricavava una poltiglia immonda: ecco quello era il garum.
I Romani ne andavano ghiotti, e lo mettevano su tutto, del resto era un mondo senza frigoriferi, per cui una pennellata di garum su carni e pesci copriva anche molto i sapori originali, quelli che noi di solito chiamiamo “del buon tempo antico”, ma dimentichiamo sempre che nel buon tempo antico non erano un granché.
Possiamo prendere ragionevolmente per il sedere quei barbari dei Romani, che mangiavano il garum come fosse una prelibatezza, noi colti cultori della cucina odierna ed estimatori di Cracco e di Masterchef. Poi però ingurgitiamo convinti e pagandoli a peso d’oro gli orribili intrugli dei suddetti Cracco e Masterchef, che uniscono pepe e miele, rovinano con l’emulsione di salsa di soia e zucchero le nostre amatriciane, spargono miso e spezie a caso sui dolci di nonna e, dopo averci ammorbato con scenate per l’uso di ingredienti sani, fanno in tv pubblicità delle patatine fritte nell’olio da macchina e della sfoglia industriale congelata.
Quindi vabbe’, i Romani avevano il garum. Embe’?
Mariangela Galatea Vaglio per malacopia
Qui trovate la ricetta del garum.
Mariangela Galatea Vaglio, del famoso blog Il nuovo mondo di Galatea,
è autrice del libro Didone, per esempio. Nuove storie dal passato
Ultra Novel – Castelvecchi Editore 2011, pag. 242
(qui la recensione di Marco Melluso per malacopia)
Mi viene in mente anche lo iure nigro degli spartani.
Una volta il nostro prof. di latino e greco ci raccontò di una creativa versione di un suo compagno di classe che tradusse, anziché “dopo la battaglia, gli spartani si ristoravano con il brodo nero”, “dopo la battaglia, gli spartani si trastullavano a buon diritto (iure) con un negro (nigro). Ancora rido.
COMPLETAMENTE ERRATO, l’ignoranza abbonda!
Il garum non veniva preparato con un processo di putrefazione! Marcire? Ma scherziamo? Plinio definisce “putrens” solo perchè non conosce, come chi ha scritto questa aberrante spiegazione, il processo chimico di “macerazione”. Il garum si realizzava per autodigestione indotta dagli enzimi presenti nell’intestino dei pesci che venivano usati! Lo stesso Apicio, e non solo lui, ci forniscono dei consigli su come “riparare” quando il garum aveva cattivo odore (dovuto a cattiva CONSERVAZIONE di quella SPECIFICA ANFORA), quindi, ovviamente, di suo normalmente il garum non aveva l’odore, tantomeno il sapore!, terribile che l’ignoranza ha sempre ritenuto.
Il garum fra l’altro non è morto coi Romani ma si è continuato a prepararlo, seguendo gli antichi dettami, in molte zone del mondo e anche in Italia, per tutto il medioevo e anche in tempi moderni.
Ma perchè la gente scrive e non studia??
Ci spiace molto che lei non colga il taglio ironico dell’articolo ma, ciò nonostante, La ringraziamo delle preziose indicazioni. Notiamo però l’inutile veemenza del suo commento, che, in particolare nella chiusa, rasenta la maleducazione. Peccato perché così facendo non fa altro che sminuire e impoverire le sue indicazioni e perde d’efficacia il suo discorso. Purtroppo, a differenza delle mere nozioni, la cortesia e la classe non si studiano