Malacopia_ClaudioVolpe_Stringimiprimachearrivilanotte_coverMater semper certa est, pater numquam. Forse.

Claudio Volpe, in questo suo romanzo, smonta, pagina dopo pagina, la celebre locuzione latina e apre, nel senso più chirurgico del termine, il corpo e l’anima dei suoi personaggi.

Apre, invece, letterariamente, con una turbolenta lite tra quelli che scopriremo essere padre-non-padre e figlia-non figlia, Alice e Raimondo.

Alice è stata adottata e Raimondo, il suo padre adottivo, nasconde un segreto che irrompe all’improvviso nella sua fragile adolescenza. Un segreto d’amore che si intromette nel già stretto spazio di una figlia a metà. Lentamente Alice scivola nell’abisso dell’anoressia, cercando rifugio nel vuoto del corpo. Accanto a loro c’è Delia, la madre-non-madre, che entra in scena tra il presente e flashback doverosi –dolorosi-, incentrati su di lei. Delia è una donna bellissima e intelligente e dal ventre vuoto. È un chirurgo eccellente e che affonda quotidianamente le mani e i bisturi nel cuore aperto altrui (ma il suo, di cuore?). E salva bambini. Sì, quelli degli altri, però. Finché… L’incidente. Ma non spoileriamo troppo, adesso.

Il segreto di Raimondo, invece, possiamo raccontarvelo, perché ha un nome e un colore di capelli: è Annuska, la bionda Annuska. Non tarda, Claudio Volpe, a disvelarci i dettagli più intimi di questo rapporto clandestino, che travolge Raimondo e, con lui, inevitabilmente, tutte le vite che gli sono legate. Annuska è la vita, la gioia, la spensieratezza, la possibilità, l’alternativa, la fuga e il ritorno, la libertà, il peccato, la coscienza. È tante cose Annuska, per Raimondo, ma di certo non è il vuoto, quel vuoto da cui rifugge e di cui è permeata la sua vita famigliare. È amore, in uno dei suoi tanti volti. Perché l’amore non ha una faccia sola: ne ha dieci, cento, mille.

Vuoto.

Ha un peso specifico elevatissimo, in queste pagine. Ogni protagonista ha il suo, da colmare, da evitare, da generare. Ma quello più imponente ci sembra appartenere a Delia. Delia che, a un certo punto esce quasi dalla storia. Il racconto di Raimondo e Annuska invade lo spazio e il tempo. Lei, burattinaia di professione, che solitamente sta dietro alla scena, si ritrova, inconsapevolmente, al centro della narrazione. Alice c’è: combatte, ringhia, piange, cresce. L’anoressia la divora, ma il vuoto è difficile da acchiappare. Delia, invece, non c’è. Sembra. Ma noi oseremmo dire che è un vuoto gestazionale, perché Delia c’è e la (ri)troveremo capace di rovesciare la prospettiva ultima, a usare tutto il suo spazio per accogliere anziché per disperdere.

Pieno.

Annuska è il tutto, dicevamo. Ma il tutto, a volte è anche tanto, è anche troppo. E anche lei ha un cassetto stracolmo di ricordi (e foto). Il suo cassetto, però, è chiuso a chiave. Si aprirà solo nel finale, quando Raimondo sarà pronto, tra le altre cose, anche a riscoprirsi padre. E con l’apertura del cassetto segreto ci viene restituita una interpretazione complessa del concetto di “padre”, che il lettore più attento coglierà di sicuro.

Chiusura.

Il cerchio si chiude, dunque, sull’amore. C’è un filo invisibile che lega i personaggi tra loro. È un filo sottile, che quasi non si vede, ma che entra nella carne viva. Tagliare il filo si può, ma può il sollievo dal dolore esonerarci da quello causato dalla perdita? Il dolore c’è: esiste, passa e va. La perdita è per sempre. Una scelta viene compiuta, infine.

E a noi è sembrata la scelta migliore.

Silvia Franceschelli – malacopia

Claudio Volpe,  Stringimi prima che arrivi la notte
Edizioni Anordest (collana Linea controcorrente)
2013, 320 p., rilegato