Qualcuno una volta disse “Date ad un uomo una maschera ed egli vi dirà la verità”.
Che, tra parentesi, quel qualcuno non è esattamente l’ultimo degli incapaci con un pennino in mano ed i bottoni del panciotto dorati ma è Oscar Wilde; ma non è questo che oggidì mi premeva di narrarvi (traduzione simultanea: ho intenzione di rompere indefessamente i coglioni in altra maniera. Cordialità).
Fin dal dopopranzo dei tempi il genere umano si è avvalso dell’utilizzo di maschere: rituali religiosi, stilizzazione di personaggi teatrali (possiamo tracciare un’ampia arcata temporale che va dalla tragedia greca alla farsa osca arcaica fino all’exploit della Commedia dell’Arte cinquecentesca); si è addirittura preso in prestito il termine per sfruttarlo in campo psicologico per indicare un meccanismo di autotutela dell’Io inserito in un contesto sociale.
Ma se per una volta ci trovassimo in caso di dover dare un uomo alla maschera (e non alla macchia, caratteristica tipica del cromosoma Y a quanto risulta dai miei Annales)? Perché è proprio qui che estraggo dal mio Pòkedex di fattucchieria applicata la carta aurea di oggi: Giorgio Cauchi.
Giorgio è un giovane fotografo che si è preso la briga di catturare tra meravigliosi scatti di Venezia il simbolo della “Porta sull’Oriente”: il carnevale. Nello specifico, le maschere.
La tradizione carnevalesca della culla della Serenissima è rinomata ed invidiata da tutto il mondo: dichiarato ufficialmente festa pubblica nel 1296, il Martedì ed il Giovedì grasso tutt’oggi Venezia si scrolla di dosso il torpore del grigiore lagunare e risorge dalle sue ceneri in un’esplosione di costumi e colori fulgenti.
Credo chiunque – e se non chiunque, molti- rimanga stupefatto dai preziosi elaborati sartoriali e dalla ricchezza delle maschere; ma al di là della cortina estetica di un merletto tatticamente appuntato, una parrucca incipriata od un labbro vermiglio con l’arco di Cupido marcato come le ali di una rondine, cosa può comunicarci l’Occhio di una maschera? Cosa si cela dietro questi calchi enigmatici e perlescenti di un volto umano?
Ed è in questo momento che s’inseriscono la bravura e la sensibilità di un fotografo come Giorgio: in “per Voce di Sguardi” ci fa prezioso dono di una raccolta fotografica delle maschere e dei loro racconti.
(Per fortuna che le foto le fa lui e non io, che sarei in grado di far risultare mosso persino un muro)
Primi piani intensi ed avvolgenti, dai colori che stordiscono e gli sguardi che ammaliano.
Come se tramite una fotografia si potesse tornare per un solo, breve attimo indietro a passeggiare alla luce delle torce per le calli odorose di spezie e olio bruciato, con i mantelli che frusciano sui ciottoli e l’acqua che lambisce dolcemente le pance delle gondole che galleggiano pigre sotto ai ponti all’imbrunire.
Via, via verso S. Marco, verso la musica, verso altri mantelli che disegnano arabeschi scuri sopra vesti dalle tinte vivaci, verso altre maschere che saluteranno la vostra facendo la riverenza.
Chiara Chiappa Lazzaro per malacopia
Giorgio Cauchi, per Voce di Sguardi. Carnevale di Venezia 2014. Maggiori info qui
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