BETLEMME EXPRESS
Tre uomini, un cammello e il navigatore incantato.
Tre uomini avanzavano tra le dune del deserto, cercando, infine, di giungere alla meta del loro viaggio.
“Ma sei sicuro che la strada sia quella giusta?”. Era la decima volta che lo chiedeva. Ormai era più il ritornello di una canzone di Gigi D’Alessio che non una domanda.
“Ma sì, sì. Guarda: il navigatore dice: “Seconda stella a destra fino al mattino”.
“E sti cazzi! Quella è l’isola che non c’è! Hai sbagliato coordinate, stelle e racconto!” disse l’uomo dalla carnagione più chiara.
“E vabbè, mo lo reimposto e risolviamo tutto!” replicò l’altro uomo.
Andavano avanti così ormai da giorni. Erano partiti un mesetto e mezzo prima per omaggiare il Re dei Re, nato ad oriente. Avendo deciso di fare un viaggio in Terra Santa senza tour operator, si erano simpaticamente persi nel deserto del Sinai e stavano vagando da giorni a dorso dell’unico cammello di cui disponevano, in tempi di recessione.
“Dai, mentre il navigatore incantato ricalcola la rotta, ditemi: voi cosa gli avete portato?” disse il più giovane. “Io gli ho portato dell’oro, ché a un nuovo nato i braccialetti d’oro fanno buon augurio”.
“Eccheppalle, ma ditelo prima! Così uno si regola. Io gli ho comprato dell’incenso del commercio equo e solidale. Ho speso un botto e adesso faccio anche la figura del pezzente” rispose l’uomo dalla pelle scura.
“Io gli ho portato della mirra!” replicò l’uomo più maturo.
“Cazzo è la mirra?” chiesero in coro gli altri due.
“Non ne ho una idea, me la regala ogni anno una mia vecchia zia e così ho deciso di riciclare un regalo”.
“E tu ti lamentavi di far brutta figura con l’incenso?” disse il ragazzo, rivolgendosi al compagno di viaggio.
Dopo aver reimpostato il navigatore satellitare, fatto riposare il cammello, i tre giunsero infine al villaggio che stavano cercando. Ad accoglierli trovarono un pastorello, che stava portando due caprette al pascolo. Vedendo i tre uomini incedere regalmente a dorso di cammello, l’omino si avvicinò, per poi ritrarsi disgustato mentre le capre correvano a vomitare in un angolo.
“Nobili signori, deduco voi non conosciate affatto le gioie del tocco del sapone” esordì il bucolico pastorello.
“Perdonaci, siamo in viaggio da più di un mese, e nel deserto l’acqua è un bene raro” disse uno dei tre.
Dopo che il pastorello si fu allontanato per fare la rianimazione cardiopolmonare alle capre in shock anafilattico, i tre decisero che era d’uopo lavarsi e si recarono al pozzo.
Dopo essere tornati alla civiltà, raggiunsero la casa del Re dei Re. Che poi più che una casa era una grotta.
“Sei sicuro di aver reimpostato bene il navigatore”? chiese il giovane all’uomo anziano.
“Ma sì, sì! Guarda, C’è anche scritto: ‘Grotta del Salvatore’. Vedi?”.
“Ma è una stamberga!”.
“L’apparenza inganna, figliolo”.
“No, no! È proprio una stalla, li ci sono degli animali e puzza di piscio e di sterco”.
Nel mentre, dalla stalla veniva fuori bel bello un uomo sulla trentina con l’aspetto da hippy, che, come se nulla fosse, accese una lampada a forma di stella sulla grotta. I tre uomini gli dissero che stavano cercando la casa di un falegname.
“Eccolo qua, lo avete trovato! Peace&Love, fratelli!” li salutò l’uomo, lo sguardo arrossato e gli occhi gonfi.
“Siamo venuti dall’occidente per omaggiare il Re dei Re” disse il più anziano dei tre “e portiamo con noi in dono oro incenso e mirra”.
“Cos’è la mirra?” chiese incuriosito il falegname, strizzando gli occhi.
“È un’erba… credo” rispose l’uomo anziano, lievemente in imbarazzo.
“Uuhh…. Un’erba…. interessante!”.
“Sì, ma la dobbiamo dare solo al Re dei Re” disse l’uomo anziano, avvertendo una nota di avidità nella voce del falegname.
“Ma certo, certo. Immagino che vi riferiate al neonato. Entrate, entrate, è proprio qui” disse il falegname, continuando a osservare con occhi avidi lo scrigno con l’erba.
“Possiamo parlare con la madre del bambino?”.
“Certo” disse il falegname. “Miriaaaaaaam, fitusa, vieni cca, ca ci sunnu tri signuri ca te vuannu parrare” disse in aramaico antico il falegname, chiamando sua moglie con dolci parole di amore.
La fanciulla arrivò con passo leggiadro e felpato, simile a giumenta che si reca al fiume dopo tre giorni di carenza di acqua, vestendo un virginale paio di leggings aderenti sui coscioni, i pantaloni a vita bassa che mostravano il ventre prominente, fresco di cesareo, e con un trucco in viso tale da rendere sobria una drag queen al gay pride.
“Cchi ba circannu Giusè, ca u picciriddu s’è ccurcatu mo”.
“Miriam, questi tre nobili signori cercano il bambino, ora smettila con l’aramaico e parla la lingua civile”.
“E picchì? Sono quelli della ASL!? Io ve lo dico: a mio figlio le vaccinazioni non ce le faccio che sennò gli viene l’autismo!”
L’uomo anziano, lievemente a disagio, scese da cammello esclamando: “O tu benedetta tra le donne, sia santificato il frutto del tuo seno. Noi, Re delle terre di occidente portiamo in dono oro incenso e mirra per tuo figlio, ma dobbiamo assicurarci che sia lui il Re dei Re, il nostro Salvatore, e NO: non siamo della ASL!”.
“E mio figlio Salvatore si chiama!” rispose pronta la donna “Se ci volete dare dell’oro, noi lo prendiamo pure senza problemi”.
“E anche l’erba che avete detto prima, prendiamo anche quella, eh!” esclamò il falegname.
“Certo” disse l’uomo anziano “ma prima vogliamo sapere una cosa; per caso il bambino è arrivato dopo la visita dell’angelo?”.
“Sshhhhhh zitto!” disse la donna arrossendo. “Che mio marito non lo sa che forse il bambino è figlio di Angelo l’idraulico! Comunque sì, u’ picciriddu è arrivato dopo che è venuto a riparare la doccia e a ricontrollare anche il mio di impianto idraulico. Ma zitti con mio marito o tutti ci ammazza!”.
L’uomo più giovane intervenne dicendo: “E, di grazia, l’oracolo parlava anche di un bue e di un asinello e di una mangiatoia in cui il piccolo riposava… Dove sono?”.
“Noi abbiamo un fasciatoio Ikea che è scomodo uguale, ma il bue e l’asinello li abbiamo venduti per saldare i debiti con il mio spacciatore” disse il falegname.
“Spacciatore??” chiese interdetto l’uomo anziano.
“Pizzicagnolo, voleva dire” intervenne Miriam, colpendo col gomito il costato del marito.
I magi si consultarono tra di loro, e dopo un paio di minuti si portarono di fronte ai due esclamando: “O nobili signori, noi, Re maghi dell’occidente, chiniamo il capo di fronte a voi, portando doni tali da rendere vostro figlio degno di un impero. Egli avrà oro e incenso e mirra, che nessuno sa cosa sia ma sembra essere una cosa figa e costosa, quindi – mal che vada – ve la rivendete. In ogni caso, noi ci saremmo anche un po’ rotti le palle dopo un mese e mezzo di cammello e ce ne torniamo a casa nostra. Ecco qui i doni, è stato bello-ciao!”
E prima che i due potessero rispondere, i tre re si rimisero in marcia sul loro cammello e sparirono all’orizzonte.
“Giusè, un dubbio c’ho. Non è che quelli sono venuti da noi per sbaglio? No, dico, perché laggiù dall’altra grotta ci stanno quella Maria e il tuo socio e omonimo della falegnameria, Giuseppe, e loro c’hanno la mangiatoia, che fare un lettino alla creatura un vero falegname non è mica capace, e ci hanno asini e buoi in salotto a fare caldo, che non sono mica normali loro, te l’ho sempre detto. Non è che dovremmo dare ‘ste cose a loro?”.
La favola insegna che se non vuoi fare casini e figure di merda, è meglio che mandi un sms quando fai una improvvisata.
Francesco Castiglione per malacopia
Illustrazione di Loris Dogana.
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