Per non dimenticare

Mia madre è una persona così, al suo anonimato non rinuncia per niente al mondo, nemmeno se si tratta di raccontare una sua piccola, ma bella storia. Un episodio che ha a che fare con la grande Storia. Ubbidisco, ma svelo ugualmente la vicenda che si può iscrivere addirittura nel giorno della Memoria.

Lo so che ormai c’è un giorno per tutto, per il trekking urbano e per quello agreste, per la previdenza e per la scapigliatura, per gli errori e per gli orrori. Siamo circondati da celebrazioni collettive e da celebranti di ogni sorta che invece di riempire di senso la nostra mente la svuotano. Ma dobbiamo pur salvare qualcosa in questo calderone e il 27 gennaio è una di queste. E poi sono soprattutto i ricordi individuali che ci restituiscono viva un po’ di verità, per questo vale la pena di conservarli. Infine è già febbraio…

Siamo nel ’41, l’Italia è in guerra, Benito Mussolini ha introdotto le leggi razziali nel ’38 e mia mamma, chiamiamola Lauretta, classe 1927, vive con la famiglia a in un paesino di mille anime sospese sull’4Appennino toscano. 

Lauretta ha appena finito l’Avviamento, una formazione scolastica che oggi non c’è più, una specie di scuola media inferiore un po’ più ricca di contenuti e di pratica per il lavoro. Suo padre, Pietro (nome di fantasia), è un antifascista, senza la tessera del partito. Fisico segaligno e carattere indomabile, Pietro, in realtà è un politico all’acqua di rose, il problema è che non sopporta il regime e le sue prepotenze,  per questo viene additato in paese come un “sovversivo”. Nella Grande Guerra ha già perso un fratello e mandare altra gente a morire per nulla gli sembra un delitto. 

In famiglia nessuno condivide le sue idee, perché sono tempi duri e per trovare lavoro bisogna mettersi la camicia nera. Un giorno, dopo mille privazioni, ci prova anche lui e si presenta all’adunata buio in volto, con la sigaretta in bocca. Un manipolo di fascisti lo ritiene un gesto di disprezzo e gli fa saltare la cicca fra i denti con un manrovescio: non si fuma al corteo! Pietro torna a casa infuriato e al corteo non ci andrà mai più a costo di farsi fucilare.

D18248_062È un piccolo dramma, ma Lauretta quel babbo “sovversivo” proprio non lo capisce. Lei che è cresciuta a pane e fascismo, che è stata una piccola italiana, della politica non conosce altro che la retorica del Duce e si chiede perché bisognerebbe essere diversi dagli altri. Dovrà aspettare due anni, fino al 25 luglio 1943, per scoprire che suo babbo non era così solo, per accorgersi, con stupore, che molti di quelli che vestivano la camicia nera il giorno dopo l’arresto di Mussolini voltano la gabbana e la sfoggiano di altro colore.

Per ora però restiamo nel ’41, lei ha appena finito la scuola, deve trovare un lavoro e quel padre ingombrante non le facilita il compito. 

Qualche giorno dopo l’episodio del corteo il Ras del  paese suona alla porta. Cos’avrà combinato ancora quella testa calda di Pietro? La visita invece è per lei.

01-carta annonaria2Si è liberato un posto in Comune, all’Annonaria, un lavoro di grande responsabilità. La bimba è disponibile? Il fascista va proprio dalla figlia dell’antifascista: vai a capire perché. Comunque non c’è nemmeno da pensarci un minuto e Lauretta comincia a lavorare all’ufficio che distribuisce e timbra le tessere annonarie, quelle con cui si comprano il pane, la pasta, il tabacco, il latte o lo zucchero, tutti beni contingentati in tempo di guerra. Che poi sono quasi tutti prodotti “surrogati”, tanto che quando si offre qualcosa di genuino si “raddoppia”: senti che buono, questo è caffè-caffè, burro-burro, marmellata-marmellata. 

Senza il timbro di Lauretta si fa la fame o si deve ricorrere all’esoso mercato nero.  

Lei è una ragazza del suo tempo, precisa e coscienziosa, fedele al fascio e fedele al babbo, anche se non capisce bene cosa voglia l’uno e cosa voglia l’altro. 

BO-21Aprile1945È ingenua forse, ma non troppo: per esempio sa che quelle famiglie di cui nessuno fa il nome, che tutti fanno finta di conoscere, ma che in realtà sono arrivate da poco, sono famiglie ebree. Chi sono gli ebrei? Per Lauretta sono persone senza una tessera annonaria ufficiale. Per questo, quando glielo chiedono, qualche sera porta il timbro a casa, e vidima tutti i documenti falsi che servono a sfamare quelle famiglie. È un problema? No, è giusto, non può lasciarli a digiuno. È un rischio? Alla luce dei suoi 88 anni oggi Lauretta pensa che forse sì, era un rischio. Ma allora… Allora persino il Ras del paese sapeva che quelli erano ebrei e faceva finta di nulla. Purtroppo altri, in Italia, nella sua posizione non fecero come lui. 

La Storia è andata poi come tutti sappiamo. Per quanto riguarda Lauretta è cresciuta e dopo quel 25 luglio 1943 ha capito molto di più il babbo e la politica. Da grande è diventata di sinistra, forse comunista, ma sempre senza tessera, sempre all’acqua di rose, s’intende, non una che frequentava la sezione, una che andava a vedere Dario Fo, bandito dalla tv di stato.

E Pietro? Pietro, finita la guerra e dopo aver preso le botte dai tedeschi (e quelli non scherzavano) non è diventato comunista e nemmeno democristiano. Si è rimboccato le maniche e ha lavorato come ha sempre fatto fino alla fine dei suoi giorni. In politica ha scelto il partito socialista, poi forse quello socialdemocratico, piccolo e poco interessante, chissà perché. Forse perché c’era un parlamentare che aveva dei parenti al paese. Gente di cui, più o meno, ci si poteva fidare. Una cosa che, probabilmente, avranno pensato anche gli ebrei sfollati in quell’incanto di mille anime. 

Letto e vidimato. Mamma ti piace? “Va bene, hai voluto raccontarlo. Ma guarda che era una cosa normale…”.

Maria Teresa Scorzoni per malacopia

(immagini di repertorio)