C’era una volta un topo di campagna che dopo la laurea in filosofia e il master in giornalismo, non trovando lavoro, come prevedibile per lui e per gli altri 50000 laureati del suo anno di corso, decise di ritirarsi a vivere in campagna dei frutti della terra.
Passato qualche anno a spezzarsi la schiena nei campi, mangiando quel po’ che la terra gli dava, e maledicendo il ministero dell’istruzione per averlo illuso sul suo futuro, ricevette un sms da parte del topo di città, suo compagno di studi, riuscito ad entrare in un noto giornale, grazie alla maestria della sua penna, ma soprattutto grazie a uno zio vescovo e a cospicue tangenti nel partito in cui militava. Nel suo sms il topo di città gli comunicava di voler passare qualche giorno da lui.
Il topo di campagna, dunque, per ospitare al meglio il suo vecchio compagno di corso, gli preparò un bel pezzo di lardo, i semi migliori e un bel ditale di acqua di fonte, gli rassettò il suo giaciglio, accontentandosi di dormire in un angolino, perché il suo ospite non fosse scomodo.
Il topo di città, giunto in visita con due ore di ritardo (che fa figo), entrò in casa parlando per oltre mezz’ora al suo egofono. Chiusa la telefonata, salutò con calore il topo di campagna con un bellissimo – Che cesso di casa! Fa proprio favela sudamericana! -.
Poi guardò il cibo che il topo di campagna aveva preparato per lui ed esclamò: – Il lardo fa ingrassare, i semi mi fanno aria in corpo e l’acqua è così out. Sarai mica uno di quegli spostati macrobiotici? In ogni caso, non hai mica uno chardonnay del ’74?
Mentre il topo di campagna si faceva rosso per la rabbia e l’imbarazzo, il topo di città si accomodò sul letto esclamando graziosamente: – Eccheccazzo, cos’è, ti piace dormire in un sacco di sassi? Ma non ce li hai i soldi per un materasso in memory form? Vabbè, mi faccio andar bene stammmerda – e senza aspettare risposta, dopo aver tirato un paio di strisce di coca, ovviamente senza offrirne, cominciò a dormire.
Il topo di campagna aspettò che l’amico si addormentasse. Quindi, gli rubò la carta di credito, chiamò la banca e fece alzare la soglia del platfond e spese 400.000 euro in beni di lusso. In ultimo, fece entrare in casa il gatto.
La favola insegna che ognuno si vendica come può. E che gli amici poveri sono tutti invidiosi e rosiconi senza motivo e che vanno evitati, sforzandosi di frequentare solo gente del proprio livello.
Francesco Castiglione per malacopia
Illustrazione di Loris Dogana
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