Una giovane donna stava dinnanzi a un camino mentre un vento maligno continuava a soffiare sulla solitaria casa di famiglia, e folate feroci si abbattevano sulla finestra.
In altre condizioni sarebbe stato gradevole restare vicino al camino, a godere dell’ultimo calore delle braci. Non era una di quelle volte. La giovane era rannicchiata, come a voler suggere gli ultimi refoli di calore dalle braci morenti.
Come ogni venerdi sera, i suoi genitori la avevano mandata a trovare la nonna, nella tenuta di famiglia ai piedi della montagna. Alla sua partenza, pochi sparuti fiocchi avevano annunciato l’arrivo della neve, ma, al suo arrivo, quei pochi fiocchi erano diventati un fronte compatto, una grande muraglia bianca che le sbarrava la strada.
Giunta alla magione di famiglia, trovò ad aspettarla soltanto la nonna. L’anziana aveva dato serata libera alla servitù, per cui consumarono una cena silenziosa, con quello che c’era in casa.
Claudia odiava stare a casa della nonna. Era una vecchia villa tra i monti, fredda e tetra. Ogni angolo di quella casa la riempiva di sgomento e brutti ricordi. Le pietre del camino annerite dal fumo del focolare, gli alberi imponenti che torreggiavano sulla casa, rendendo oscure anche le più luminose giornate di sole, le incombenti librerie e i corridoi rivestiti di carte da parati, le provocavano un vago ma onnipresente senso di oppressione. Inoltre, in quel posto, il cellulare non prendeva mai e, al di fuori del vecchio telefono fisso della nonna, non si avevano altre possibilità di comunicare con il resto del mondo.
Condannata a un fine settimana di segregazione nella casa di montagna, la ragazza si era preparata al lungo periodo di permanenza, che di sicuro sarebbe stato interrotto dalle domande della nonna sulla sua vita, o peggio, dai vecchi racconti sulle leggende della montagna. Aveva sempre avuto un sacrosanto terrore di quei racconti: storie di cose oscure, di creature misteriose, che scendevano dalla montagna, quando la tenebra inghiottiva il mondo, risvegliando dal giusto riposo i corpi di quelli che morivano alle sue pendici. E quando i morti camminavano tra i vivi, alla fine del loro peregrinare portavano via con sé qualcuno del villaggio, e di questa persona nessuno avrebbe saputo più nulla.
Mentre era persa nei suoi pensieri, udì la porta della sala cigolare. La vecchia nonna era entrata, lenta lenta, all’interno della stanza, per augurarle la buona notte.
È diventata così magra in questi anni, pensò d’istinto la ragazza. Anche io alla sua età diventerò così?. L’idea di invecchiare la aveva sempre atterrita.
Mentre la nonna si avvicinava, si sentì uno schianto. Paralizzate da un momento di terrore, le due donne, udirono un rumore sordo e pesante lacerare l’aria, e, dopo qualche secondo, il buio scese sula casa.
Affacciandosi alla finestra, la fanciulla si rese presto conto di quel che era accaduto. Uno degli alberi secolari della tenuta, soverchiato dal peso della nevicata. Non aveva retto ed era crollato, strappando nella sua caduta i tralicci della corrente elettrica, che alimentavano la casa.
“Fantastico, davvero fantastico!”, esclamò la ragazza.
Quando si voltò, si accorse che la nonna era impallidita e subito corse a tranquillizzarla. Mentre cercava le parole giuste, la nonna, guardandola negli occhi, le sussurrò: “Quando il vento soffia dalla montagna, porta con se le urla degli Snurgha. Quello è il momento in cui la famiglia si riunisce dinnanzi al camino, e prega perché Dio mandi loro la luce del giorno, prima che essi arrivino a bussare alla loro porta. Sono creature oscure, e l’unica cosa che portano sono freddi abbracci e l’oblio della tomba. Quando scendono dalla montagna, inviano i morti come messi tra i vivi. Allora giungono, perché essi vogliono sempre, SEMPRE un tributo per la loro venuta”.
Mentre Claudia guardava con gli occhi sbarrati la vecchia, la donna proruppe in una risata argentina: “Questi racconti ti hanno sempre terrorizzata, anche quando eri piccola” esclamò, mentre si rassettava la gonna e si alzava da terra.
Indecisa se ridere o picchiarla, Claudia rimase immobile vicino al vecchio camino. “Ora con il tuo permesso, signorina, vado a prendere qualche candela, ché non è bello restare al buio. Se è andata come nel ’98. Probabilmente anche il telefono è fuori servizio. In ogni caso non c’è nulla da temere. Sabato o al massimo domenica mattina, tornano gli aiuti (così chiamava la servitù), e loro di sicuro verranno a liberarci. Leggi qualcosa finchè non torno, non ci metterò molto”.
Claudia trovò un vecchio libro di favole, e, portata la poltrona vicino al camino, si mise a leggere avidamente. Quanto erano differenti le favole del libro da quelle della nonna. Favole dove il male perde sempre, l’eroe salva la principessa e tutto finisce al meglio. Non quelle cupe favole piene di freddo, angoscia e morti affamati di vita e calore. “Chissà dove le ha imparate” fu il pensiero soporoso della ragazza, la quale, lentamente, scivolò nel sonno mentre il fuoco, vivacemente, scoppiettava nel camino.
Il suono di un ramo, che picchiettava contro la finestra, la fece svegliare di soprassalto. Il bussare ritmico aveva annunciato alla ragazza che il vento aveva ripreso a soffiare. Dalla finestra, incrostata di ghiaccio, la ragazza poteva vedere fin oltre la recinzione della proprietà, rischiarata dalla luce della luna piena. Un paesaggio bello, ipnotico, ma freddo e spettrale, in qualche modo terrestre e alieno allo tempo stesso. Claudia, coperta sulle spalle, andò a ravvivare i ciocchi del camino. Guardando l’ora sul suo cellulare, si rese conto che era trascorsa più di un’ora. Uscì nel corridoio e si diresse verso l’ingresso.
La porta della cantina era aperta. “Nonna, ci sei?” esclamò. Nessuno rispose. “Nonna, va tutto bene?”. La ragazza fece un passo incerto verso le scale; se c’era un posto che più di tutti gli altri risvegliava i suoi terrori atavici, era proprio la cantina di quella villa. Allungando una mano a tentoni verso il buio, la ragazza cercò l’interruttore, lo stuzzicò più volte, solo per poi ricordarsi che era un atto vuoto e privo di significato.
“Con questo buio finirai per spezzarti l’osso del collo”. Si voltò di scatto e vide il volto della nonna illuminato dalla luce della luna, contratto nella sua risata furba e maliziosa. Per poco non moriva e trattenere a stento un urlo e numerose parolacce. A quanto pare la nonna aveva trovato le candele. Claudia afferrò le candele e la vetusta, impolverata lampada ad olio che la nonna aveva tirato fuori direttamente dal 1800. Insieme si avviarono verso la sala da lettura.
“Grazie per aver inventato il camino”, sussurrò Claudia al suo dio. La nonna si avvicinò al fuoco, rigirò le braci, aggiunse un altro ciocco e accese un paio di candele. “Così piccola, così fragile… Dio mio, perché dobbiamo invecchiare” si trovò a pensare Claudia, mentre osservava le mani della nonna, minute e chiazzate dal tempo, accendere una candela e la lampada ad olio, che finirono sul pianale del camino.
Senza dire niente, la vecchina si volse verso la nipote. Accennò un sorriso, si portò la mano al cuore, e, come l’albero poco prima all’estero, cadde a peso morto in terra.
(…to be continued…)
Francesco Castiglione per malacopia
Illustrazione di Loris Dogana
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