Agamennone di Eschilo, regia di Luca De Fusco – 9 Maggio /22 giugno 2014, 50° Ciclo di Rappresentazioni Classiche al Teatro Greco di Siracusa.
Si festeggia quest’anno il centenario della nascita dell’Istituto Nazionale del Dramma Antico. Fu il conte Mario Tommaso Gargallo –siracusano doc – insieme a Duilio Cambelotti e a Ettore Romagnoli a dar vita a questa affascinante e suggestiva avventura che, a distanza di tanto tempo, risulta ancora viva ed effervescente.
Il 16 aprile 1914 debuttava una memorabile edizione l’Agamennone di Eschilo. E oggi come allora, dopo cento anni esatti, il Festival ricomincia il Ciclo proprio con l’Agamennone, con la regia sapiente e nitida di Luca De Fusco. Il Ciclo proseguirà con Coefore ed Eumenidi in un unico appuntamento e poi con la messinscena de Le Vespe di Aristofane.
Luca De Fusco forse proprio perché suggestionato dal Centenario tratta la tragedia come un residuato bellico e coglie la bellissima intuizione di ricoprire tutta l’intera zona dell’orchestra del Teatro siracusano di arida terra con l’ausilio della cornice della bella scena di Arnaldo Pomodoro. Sembra di essere alle falde del partenopeo Vesuvio, una colata lavica che dal cielo viene giù fin verso di noi spettatori, un geometrico vulcano attraversato, pugnalato dalle famose lance di Pomodoro. In questa landa desolata ed abbandonata dagli Dei, il regista sembra dissotterrare l’antico manoscritto, giunto fino a noi, che apre la famosa trilogia, lo spolvera dalla fuliggine di tanti anni di oblio e ce lo riporta nella sua essenzialità della messinscena in una chiave contemporanea e con una linearità sconvolgente. Ad assecondarlo a pieno è la spregiudicata traduzione di Monica Centanni. Tutto riemerge da questa terra madre, da questo grembo ancestrale per riprendere vita a tutto diritto per l’ennesima occasione, per raccontarci ancora una volta la saga tragica ed universale degli Atridi.
Ad aprire lo spettacolo in veste di sentinella è Mauro Avogadro. Dopo avere vegliato l’arrivo del suo padrone per anni sul cratere di questo fuoco incandescente, vede la fine della sua commuovente attesa. Troia è caduta ed Agamennone può finalmente fare ritorno alla sua reggia, attraversando un viale del tramonto comico e tragico allo stesso modo, dieci minuti preziosi e impagabili per ben predisporci alla tragica fine del fratello di Menelao.
Intanto, ad uno ad uno gli anziani notabili del paese, in un emozionante colpo di scena, spuntano dalla terra come in un’Alba dei morti viventi, come un magico e tragico rito pagano riemergono a fatica da quella terra che li ha tenuti conservati per anni, preservati da un tempo immemore. Capitanati dai bravi Francesco Biscione, Piergiorgio Fasolo e Massimo Cimaglia, una ventina di uomini scalzi, nelle loro individualità tutti abili ad occupare e a far rivivere lo spazio intero preparandosi ad accogliere degnamente l’arrivo del loro signore, con canti e danze diretti dal maestro Antonio Di Pofi e dai movimenti coreografici di Alessandra Panzavolta. Ma anche stavolta la regia ci sorprende: invece che sul carro, anche Agamannone sbucherà, riprenderà vita da quella terra. Difatti, gli uomini riportano alla luce un antico sarcofago da cui fuoriuscirà l’antico re, un Massimo Venturiello energico, volitivo e giustamente commosso per l’arrivo in patria.
Le porte monumentali della reggia, unico elemento veramente importante e prezioso della scena, quando si dischiudono per l’ingresso di Clitennestra sono come pagine di quel libro che sapientemente ci viene illustrato, raccontato, spiegato. il programma giustamente recita: “Da questa porta nascerà tutto” (Arnaldo Pomodoro).
Bottino di guerra è la veggente di Cassandra, qui una Giovanna Di Rauso. Il suo inneggiare ad Apollo è straziante ed arriva dritto al cuore degli spettatori. Completano il nutrito cast Mariano Rigillo, nei panni di un canuto e lirico araldo, ed Andrea Renzi, uno scattoso e raziocinante Egisto, concentrato nella sua crudele vendetta.
Su tutti gli interpreti azzeccatissimi svetta una strepitosa Elisabetta Pozzi, in stato di grazia nei panni di Clitennestra, un connubio di equilibrato intelletto e calcolo travestito da finta compassione e femminile sottomissione. E mentre la Regina si avvia verso la fine della serata, Gianluca Musiu che fino ad ora è stato una voce fuori dal coro, seguendo con intensa passione le vicissitudini occorse, può finalmente mostrare quella che nelle intenzioni della regia rappresenta una proiezione di quello che avverrà. Il corifeo può finalmente rivelarsi, è l’ombra di colui che vendicherà i misfatti della reggia degli Atridi. E mentre il coro degli anziani lentamente si ri-sotterra, le luci si possono abbassare: è solo questione di tempo, giustizia sarà fatta.
Mario Di Calo per malacopia
Agamennone di Eschilo, regia: Luca De Fusco
Traduzione Monica Centanni
Con: in o.a. Mauro Avogadro, Elisabetta Pozzi, Mariano Rigillo, Massimo Venturiello, Giovanna Di Rauso, Andrea Renzi
Corifei: Francesco Biscione, Massimo Cimaglia, Piergiorgio Fasolo, Gianluca Musiu
Coro degli argivi: Andrea Pietro Anselmi, Alessandro Aiello, Adriano Braidotti, Davide Geluardi, Giancarlo Latina, Giuseppe Orto, Vincenzo Paolicelli, Luigi Rausa, Giuseppe Rispoli, Eugenio Santovito, Massimo Tuccitto.
Coro Accademia d’Arte del Dramma Antico Sezione Scuola di Teatro “Giusto Monaco”: Salvatore Agli, Valerio Aulicino, Antonio Bandiera, Dario Battaglia, Alessandro Burzotta, Andrea Cannata, Nicasio Catanese, Corrado Drago, Eugenio Fea, Gianni Luca Giuga, Marcello Gravina, Ivan Graziano, Domenico Macrì, Vladimir Randazzo, Francesco Torre.
Danzatrici: Giulia Bonanno, Silvia De Nizza, Maria Chiara Grisafi, Laura Midolo, Alessandra Ricca, Agata Rosignoli
Foto di Walter Silvestrini
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