Amiche da 90 anni: un vero record, un tesoro proverbiale e inestimabile cui si può attingere per tutta la vita. Quale sarà il segreto di un sentimento così longevo e senza crepe?
Anna Maria Spaolonzi e Silvana Berti, classe 1923 e 1922 sono le protagoniste di questa storia fiabesca, nata a Canda, sulle sponde del Canal Bianco, in provincia di Rovigo, nell’agosto del 1924.
Riavvolgiamo il nastro: corre l’anno in cui viene inventato l’elettroencefalogramma e sulla carta si registrano le prime linee del pensiero; Benito Mussolini è al governo e Giacomo Matteotti viene barbaramente ucciso; una vettura Fiat conquista il record mondiale correndo a 234 chilometro orari. Le protagoniste della nostra storia sono due bimbe di 18 e 30 mesi quando giocano insieme per la prima volta. All’inizio farfugliano, poi sgambettano, poi inforcano le biciclette e sfrecciano per le campagne di Canda. In due e due quattro arrivano i tempi del rossetto, delle calze di seta, delle passeggiate a braccetto e dell’ammirazione degli uomini.
Una carrellata di fotografie in bianco e nero, con l’espressione trasognata e il sorriso sincero. E fin qui nessun segreto.
“Silvana era bella – dice Anna Maria – sembrava Audrey Hepburn”. “Bella? Non lo so – replica Silvana – bellina forse. Anna Maria era sportiva, simpatica e aveva tantissimi ‘filarini’”. Fra loro svetta Flora “ancora più bella”, ma “non tanto intelligente”. Flora, in questa storia, purtroppo, si perde, inghiottita dalla sua ingenuità e dai vicoli della vita, dagli sbocchi spesso imprevedibili.
Anna Maria e Silvana invece non lasciano mai la strada maestra. “Eravamo brave ragazze, un po’ troppo – ammettono senza più arrossire – andavamo a teatro e a ballare, leggevamo, parlavamo degli attori, ma coi ragazzi neanche un bacetto. Troppo per bene!”.
Quando l’amore arriva per la prima volta è unico e per sempre, all’età giusta, quella del matrimonio. Per Anna Maria si chiama Augusto: fisico atletico, un’azienda importante a Bologna. “Come era bello Augusto!” “Un nuotatore, aveva due spalle enormi”.
Per Silvana l’amore ha il nome di Guido, laurea in chimica e carriera in imprese che lo portano prima a Milano e poi a Bruxelles. “Bello e bravo!”. “E buono! Com’era buono, caro lui, il più buono del mondo”. “Anche Augusto era molto buono”.
“Eh si, cari…” Due matrimoni felici, che le allontanano fisicamente, ma non le separano.
“D’estate ci incontravamo a Canda, durante l’anno ci scrivevamo e qualche volta ci vedevamo”. “A Milano, ti ricordi? Io e Augusto siamo venuti alla fine del viaggio di nozze e tu avevi appena partorito…”. “Si, sì, ricordo….”
Una vita lunga come un fiume tranquillo; un’amicizia senza ombre. Forse nessun segreto. Nemmeno le malattie, le difficoltà, i lutti piegano la forza e la volontà delle due inossidabili eroine.
Guido a 47 anni si ammala di Parkinson. Gli tremano due dita, l’indice e il pollice, si uniscono involontariamente. “Lo chiamano il tremore conta soldi – spiega Silvana – perché è come quando un cassiere conta le banconote. Guido mi fa vedere la mano e io dico che non è niente, una cosa buffa, che passerà. Invece non passa e il dottore un giorno sostiene che ha questo morbo. In azienda aveva fatto carriera, ma quando si ammala lo isolano. Allora io lo sprono: ‘non farti mortificare, andiamo via’. Ero maestra, vinco un concorso e ci trasferiamo a Bologna. I ragazzini mi sono sempre piaciuti, che bel mestiere il mio! Mi viene ancora a trovare un bambino di 75 anni, che fu tra i miei primi allievi”.
Altroché “signorinelle” pallide e senza nerbo! Nel bisogno Anna Maria e Silvana sfoderano la forza di due leonesse, per proteggere il re della foresta e i loro cuccioli. “Bologna ci ha riunite, ma nulla è veramente cambiato, perché per noi stare insieme è normale. Possiamo non sentirci per un anno e quando ci vediamo è come se non ci fossimo mai lasciate”.
Nessun segreto da carpire dunque, se non quello di avere due eliche del Dna che girano per il verso giusto, di conoscersi fin dalla più tenera età, di affrontare con coraggio la vita e tenersi sempre in contatto…
“No, veramente un segreto c’è”. Davvero? “Sì, è Luciano”. Chi è Luciano? “Luciano Berti, mio fratello”. “Che bello che era!”. “Caro e intelligente. Un genio, gli hanno intitolato persino un’aula alla Normale di Pisa, dove si era laureato”.
E il segreto?
“Me lo ha detto solo una settimana fa – sorride Anna Maria – ci ha dovuto pensare sopra 70 anni”. “Si, mi è venuto in mente la scorsa settimana. Luciano veniva sempre a spasso con noi da giovani”. “E a me piaceva molto – ammette Anna Maria – era tanto intelligente e garbato”.
“Quando eravamo soli io gli chiedevo: ma Clara ti piace? E lui: no. E Flora? No. E questa? No. E quest’altra? No. E Anna Maria? Anna Maria sì, con lei ci starei tutta la vita”
“Ma no? Proprio così diceva?” . “Si Anna Maria, proprio così”.
Un giorno, alla stazione di Pisa, Luciano, lo scienziato di 23 anni, bello e garbato, muore sotto le bombe della seconda guerra mondiale. La famiglia lo viene a sapere due mesi dopo.
“Le cose non sarebbero andate diversamente. Io sono stata molto felice con Augusto. Però perché non mi ha detto niente allora?”. “Non lo so, non si usava, ricordi? Non ci facevamo questo tipo di confidenze. Noi non siamo persone che parlano degli altri”. “È vero, non ci piace parlare di chi non c’è”.
Ecco dunque il piccolo, grande segreto, di un’amicizia lunga e felice: la discrezione.
La stessa che le ha indotte a non festeggiare nemmeno il loro novantesimo anniversario.
“Ci pensiamo per i cento anni del nostro sodalizio, cifra a due zeri!”.
Le salutiamo e ci facciamo dire un’ultima cosa: ma alla fine l’amicizia cos’è?
“È lo zucchero della vita”, dicono girando il cucchiaino nella tazza di the.
Maria Teresa Scorzoni per malacopia
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