A settembre riprende un po’ la vita “normale, quella della solita routine – per intenderci – e, con essa, riprendono pure i film al cinema che non siano le commediole dai titoli in triplice senso o cose recuperate da chissà quale archivio delle sceneggiature scartate.
Dopo la delusione per un film che più brutto non si può, Apes Revolution, ecco in arrivo “Il Fuoco della Vendetta”, improbabile traduzione (come spesso accade) del titolo originale, “Out of the Fournace”, che avrebbe avuto molto più senso poiché la storia in questione è ambientata in Pennsylvania, zona Pittsburg e acciaierie in odore di crisi. “Ormai preferisco prendere l’acciaio in Cina”, sentenzia un bravo Christian Bale.
Del resto, è proprio attorno a questa fornace e fuori dall’acciaieria che si intrecciano le vite di tutta una serie di persone. La storia non è di per sé particolarmente originale perché vicende in cui ci sono due fratelli, uno con il suo codice personale retto e leale, l’altro reduce dalla guerra in Iraq (la storia è ambientata negli anni 2005/2008), in cerca di un riscatto sociale che non arriva, ce ne hanno raccontate tante. La storia si intuisce fin dall’inizio. Per inciso, il film mostra da subito un Woody Harrelson davvero cattivo, e si sa che da lì in poi non potrà che esserlo di più.
La pecca maggiore del film (a parte il doppiaggio, fatto di voci non adatte agli attori e ai personaggi e, per di più, si tratta di voci già sentite in qualunque altro film) è che con attori del genere (Christian Bale, Woody Harrelson, Forrest Whitaker, Zoe Saldana, Willem Dafoe, Casey Affleck, Sam Shepard) ma con una storia trita e ritrita, non parte mai davvero l’empatia, almeno verso il protagonista, in questo caso identificato quasi come un Cristo “laico”, corretto, lavoratore, leale. Ha pure l’aspetto fisico giusti e la sua è quasi una via crucis, visto le vicende in cui si trova coinvolto, ma… Già con questo “ma” già qualcosa non torna.
Buono il montaggio, spesso intento a riprendere il percorso dei due fratelli, con delle sequenze che sono speculari. La fotografia è spesso parte “attiva” della narrazione perché rende, ad esempio, la depressione e la resa di queste persone.
Si, devo ammettere di non aver guardato mai l’orologio, ma non c’è mai una sorpresa. Una nota di merito a Casey Affleck, già bravissimo nel film di alcuni anni fa (“L’assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford” – 2007). Qui, oltre ad avere un fisico davvero invidiabile, è bravo ma bravo bravo, e fa sfoggio di uno sguardo ora profondo, ora vigile, ora sfrontato, ora disperato.
“Crisi” sembra essere la parola chiave dei film in uscita in questo inizio di stagione. Non solo crisi di sentimenti, come spesso capita, ma crisi economica, senza arrivare ai paladini del genere come Ken Loach.
Ho visto l’ultimo film dei fratelli Dardenne: “Deux jours, une nuit” con il premio Oscar Marion Cotilard. Film presentato ed applauditissimo all’ultimo festival di Cannes ed in uscita in Italia il 13.11.14, durata: 95 minuti e, cosa particolare, senza colonna musicale.
Qui il senso di crisi economica legata alla crisi della protagonista è presentato come un tutt’uno, con l’aggiunta di quella dei valori, anche i più comuni. Quanto vale una persona? In pratica, il succo della vicenda si basa su questo semplice interrogativo. Senza svelare nulla, in un paese della provincia belga (ma potremmo essere davvero ovunque), in nome della crisi, il personale di una piccola impresa deve scegliere se rinunciare ad un bonus di 1.000,00 euro o far assumere una dipendente, allontanata, perché depressa, dal titolare in base a votazioni pilotate. Sandra, la protagonista (Marion Cotilard pressoché perfetta fra scatti, postura, sguardo, trucco, pianti, sorrisi) ha un fine settimana per convincere i suoi colleghi a rifare le elezioni e, nel caso di riammissione, a rinunciare al bonus.
Il film sembrerebbe pure ripetitivo nel riproporre situazioni e domande ma le motivazioni che esprime, le paure, la crisi economica vista sotto diverse forme si sente in maniera chiara e viene manifestata nei modi più… autentici.
Sembra quasi un thriller etico. Chi vincerà? O meglio, vincerà qualcuno? Quanto vale un bonus? Per esempio, un bonus di mille euro, quanto vale oggi? È il prezzo di una persona?
Insomma, da questo film si esce frastornati, con l’idea (per chi è lavoratore dipendente) che potrebbe capitare davvero a chiunque. E così tornano in mente le mille giustificazioni di quelli che hanno votato. E possono sembrare valide e quasi, incredibilmente, condivisibili!!
Gianni Ressi per malacopia
Scrivi un commento