Circo equestre Sgueglia di Raffaele Viviani nella particolare visione di Alfredo Arias, al Teatro Argentina di Roma fino al 23 marzo.
“…Donna Zenò, nuie simmo duie pizzeche e povere, che nu sciuscio ce sperde. Chi ce vede? Chi ce nota? Che rappresentammo? Tenimme, sì, doie bell’anime, ma e tenimme nzerrate mpietto, chi è sape? E quanno jescarranne, nuie nun ce ce starrammo chiù… Nuie sultanto però ca st’aneme e sapimmo e sentimmo che soffrono, ce avimm’a tenè cura, l’avimm’a purtà passianno pe fa distrarre, pe fa piglià aria… A mia, a vedite? Se distrae accussì, faticanne, facenne e gioche pe ncoppa a sbarra… sunate… sunate!”.
E con l’invito di Samuele a Zenobia di suonare la grancassa si chiude nel silenzio assordante Circo equestre Sgueglia al Teatro Argentina di Roma con la regia del maestro franco-argentino Alfredo Arias. Testo questo di Raffaele Viviani di grande poesia e respiro sociale. Il circo viene visto come metafora della vita, tutte quelle anime che ruotano intorno ad un tendone e a due campers raccontano molto di più di quello che dovrebbero o vorrebbero. Precursore di un teatro politico e sociale, anticipa la lezione di Bertold Brecht sull’epicità. Classi sociali le più disperate vengono riportate alla ribalta ma con una conoscenza ed un approfondimento disarmante, e quello che l’autore tedesco fa solo teorizzando un nuovo modo di fare teatro attraverso la collettività, il nostro lo fa con estrema naturalezza e versatilità.
Unico limite è il linguaggio ma anche quello appartiene ad un discorso politico. La sua gente, il suo esercito di protagonisti e non, gli infiniti personaggi che affollano i suoi drammi parlano l’unica lingua parlabile, quella del popolo: un napoletano stretto e verace ma a volte incomprensibile agli stessi napoletani. Ebbe per altro grossi problemi col regime fascista che impediva la diffusione dei dialetti locali. Ed anche in questo Raffaele Viviani si distingue: il suo napoletano, non è mai identico a se stesso, per ogni categoria esiste un linguaggio appropriato, che siano essi zingari, o muratori, o pescatori o addirittura una piccola comunità di circensi come in questo caso specifico.
Alfredo Arias, noto in Italia per parecchie sue collaborazioni con enti o stabili italiani, qui per il Napoli Teatro Festival Italia del 2013, sceglie un testo poco rappresentato dell’autore napoletano nato a Castellammare di Stabia nel 1888, lo assottiglia, lo riduce dai tre atti ad un lungo atto unico, riduce i personaggi al plot drammaturgico che ruota intorno ai protagonisti. E per accentuare la materia epica del racconto fa dire le battute da un personaggio super partes, una sorta di Tiresia/Oracolo, che si aggira per la scena, commentando, cantando e supportando lo svolgersi dell’azione, qui in una ottima e convincente interpretazione di Mauro Gioia.
La struttura del dramma è semplicissima: due coppie in crisi, la loro storia che si sovrappone, quella di Roberto e Zenobbia e di Samuele e Giannina, la rottura inevitabile con la fuitina di Giannina col Toscano e di Roberto con Nicolina, figlia quest’ultima del proprietario del circo don Ciccio Sgueglia; la risoluzione finale di Samuele di abbandonare il circo e di esibirsi come artista di strada con la sua cagnetta Madama Lattughella ed il suo incontro risolutivo con Zenobbia. Accolti in Teatro Argentina che si apre su di una Piazza del Mercato partenopea, lì concluderemo il nostro giro pronti per la prossima corsa.
Il pregio di questo spettacolo è di avere sottratto tutta l’oleografia da cartolina ad una Napoli ormai desueta e scontata e di aver narrato una storia universale, una storia come tante che con agghiacciante verità ci riporta funzioni essenziali della vita: amare ed essere amati, lavorare con decoroso riconoscimento e normale accudimento nel focolare domestico. Straordinari tutti gli interpreti, tra i quali va nominato almeno il bravissimo Tonino Taiuti, a suo agio in un materiale che ben conosce. Il duetto del suo personaggio con la moglie – qui Gennaro Di Biase en travesti – di Tittillo (poi in seguito diventato Fifirino), macchietta del repertorio vivianineo, è un vero gioiello dello spettacolo. Il protagonista Massimiliano Gallo ricerca una voce che gli sgorga direttamente dall’anima, una voce gutturale che commuove fin dal suo ingresso, un cocu-magnifique consapevole della sua colpa di non essere più amato, come se essere traditi fosse una colpa.
Curiosa coincidenza: il 24 gennaio 1978 fu messo in scena lo stesso testo con la regia di Armando Puglise a produzione proprio dello stabile romano che è anche co-produttore insieme al Teatro Stabile di Napoli della versione odierna sullo stesso palcoscenico.
Mario Di Calo per malacopia
Teatro Stabile di Napoli, Teatro di Roma, Napoli Teatro Festival Napoli 2013 presentano:
Circo equestre Sgueglia, testo e musiche originali di Raffaele Viviani, regia Alfredo Arias
con Massimiliano Gallo, Monica Nappo Lino Musella, Tonino Taiuti,
Gennaro Di Biase, Giovanna Giuliani, Carmine Borrino,
Autilia Ranieri, Lorena Cacciatore, Marco Palumbo, Mauro Gioia
musicisti Giuseppe Burgarella, Gianni Minale, Alberto Toccaceli, Marco Vidino
scene Sergio Tramonti, costumi Maurizio Millenotti, luci Pasquale Mari
arrangiamenti musicali Pasquale Catalano.
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