C’è chi sostiene che nel passato, ai tempi degli egizi, dei sumeri e ancor prima, gli extraterrestri fossero di casa dalle nostre parti. Le prove di questa tesi sarebbero alcuni misteriosi manufatti in cui si riconoscono, sostengono i fanta-archeologi, dischi volanti, congegni misterosi, presenze aliene, insomma, tutte cose che a quel’epoca non potevano esistere e erano quindi sconosciute ai terrestri.
In genere sono sempre raffigurazioni ambigue di oggetti rituali, o semplicemente sembrano oggetti misteriosi, soprattutto se si è dotati di grande fantasia. E comunque gli archeologi hanno sempre spiegazioni molto convincenti e, sebbene meno affascinanti, sicuramente più sensate che non quella di chiamare in causa gli extraterrestri.
Però in effetti io questi fanta-archeologi li capisco. Mi rendo conto che, di fronte a certe cose, è difficile credere che siano opera umana. Capisco che in certi casi uno dica “no, non è possbile, questo non puo’ averlo fatto l’uomo”, e cerchi quindi spiegazioni alternative.
Ad esempio, supponiamo che un archeologo del futuro ritrovi, fra 10mila anni, sepolta sotto la terra, la porta del cesso del treno regionale veloce 2913 Piacenza-Bologna Centrale che ho preso stamattina. Un ritrovamento fortuito, casuale, come avviene molte volte in questi casi. Con le palpitazioni fuori controllo, e applicando tutte le precauzioni del caso, toglierà la polvere superficiale con un pennello apposito in modo da non provocare abrazioni, rimuoverà con delicatezza le inevitabili incrostazioni del tempo, rendendosi però immediatamente conto di trovarsi di fronte a qualcosa di inusitato e veramente eccezionale.
Mi chiedo: cosa penserà della nostra civiltà quell’archeologo del futuro? Quali inquietanti interrogativi sugli usi e le abitudini degli umani del passato la scoperta di quella stele (così verrà identificata la porta) susciterà in lui? Lo porterà a rivedere completamente quelle che la scienza archeologica riteneva ormai certezze assodate? Contatti con civiltà extraterrestri, con esseri misteriosi dalle vaghe forme umanoidi? Riti propiziatori con creature sconosciute, invocazioni a terribili divinità?
Di certo si preoccuperà che il prezioso manufatto, dopo 10mila anni di obllio, non venga rovinato dall’improvviso contatto con la realtà, e farà in modo che diventi il pezzo forte di un museo, dove verrà esposto con tutte le dovute cure, in una teca di cristallo termostatata e ad atmosfera modificata. E i terrestri del futuro faranno a gara per visitarlo, sostando muti e affascinati di fronte ad esso. E sarà certamente possibile fotografarlo, pur senza l’uso del flash.
Stefano Marcellini per malacopia
Illustrazione di Loris Dogana
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