Eboli, cittadina saltata agli onori della cronaca storica per essere la città in cui Cristo si fermò, come raccontato nell’opera di Carlo Levi, ora può vantare anche un altro primato: prima città del sud Italia a proiettare Cristiada, il film che racconta il massacro dei cattolici messicani, avvenuto negli anni ’30 dal locale governo massonico, con l’aiuto degli Stati Uniti.
Un cast d’eccezione per un film scomodo, censurato, boicottato e snobbato dalle grandi case di distribuzione, che è riuscito a squarciare le logiche di mercato e del cinepanettone, grazie alla Dominus Prodaction di Firenze ed all’opera instancabile di Federica Picchi, Founder and Managing Director dell’azienda di distribuzione italiana. Interpreti del calibro di Andy Garcia, candidato all’Oscar per “Il Padrino III” e Peter O’Toole, accompagnati da Catalina Sandino Moreno, candidata agli Oscar, e dalla casalinga disperata Eva Longoria, non sono stati scelti a caso.
Il produttore Pablo Barroso ed il regista Dean Wright hanno reclutato un gruppo eccellente di star contemporanee che avessero, ognuna, un legame personale con la storia del film. «Volevo attori di grande talento, ma anche con qualcosa in più – dice il regista -. Volevo persone che mostrassero di comprendere l’essenza della storia, persone motivate ad andare ben oltre il dovere del racconto».
La propensione cristiana al perdono ed all’altra guancia da porgere, viene inficiata dalla medesima biblica affermazione: «C’è un tempo per la pace ed un tempo per la guerra». Il tempo della guerra è segnato dall’imposizione totalitaristica del generale Plutarco Elías Calles, che inasprisce la lotta contro la Chiesa, “oppio del popolo”, secondo il cliché laicista e dunque pericolo per il regime. La libertà del credo cristiano viene mortificata e repressa. Le funzioni religiose non sono ammesse. I soldati entrano nelle chiese, in sella ai loro cavalli, insanguinando gli abiti talari. È proprio in questo contesto che i Cristeros, da Cristos Reyes, i “Cristi-Re”, si sentono obbligati ad imbracciare le armi al grido di “Cristo Regna”. La storia si sposta, allora, su Padre Christopher, prete servizievole che preferisce la gentilezza alla punizione, per educare il tredicenne José Luis Sanchez, a cui si lega con una profonda amicizia, basata sulla fede e sulla lealtà. Josè avverte Padre Christopher dell’imminente arrivo dei federali nel tempio sacro, ma il prete con il tenero sorriso di un padre e gli occhi azzurri spalancati, come a godere, negli ultimi attimi di un destino segnato, delle meraviglie del Creatore, lascia in eredità al piccolo Josè, prima d’essere brutalmente ammazzato, la chiave di tutte le porte della vita, chiedendogli retoricamente: «Che uomo sei, se non resti fedele sempre a ciò che credi?». Custode dell’eredità del religioso, testimone del delitto, si unisce ai Cristeros, guidati dal generale in pensione Enrique Gorostieta, ateo, che prende il ragazzo come suo protetto.
Il racconto va avanti nella cruda brutalità ed è la vera storia a privare il film del suo happy end. Nel 1929, accordi tra le due fazioni pongono fine ai combattimenti e viene ristabilita la libertà religiosa. Papa Benedetto XVI ha beatificato José nel 2005, con altri dodici martiri tra i Cristeros.
Benché sia storicamente nota la barbarie messa in atto dalle truppe cristiane durante le crociate, questa è un’altra storia. Una storia vera raccontata senza filtro. Una storia che mette a dura prova la stabilità dei pilastri della fede, quali il perdono ed il martirio e che giustifica una reazione violenta, rivoluzionaria e ribelle insita nella natura umana. Abbracciati sotto l’ombrello della frase “Dio Regna”, i Cristeros non hanno risparmiato vite e ferocia.
Impossibile non fare un parallelo con l’attualissima situazione islamica, in medio Oriente, ma anche in Europa. «Nel nome di Dio clemente e misericordioso», questo il baluardo dei musulmani integralisti. Feroci, barbari, spietati assassini. Noi come loro o loro come noi? Cosa siamo disposti a fare per difendere e tutelare la nostra libertà di culto, di pensiero e di espressione? Presi i ceffoni ad entrambe le guance, siamo liberi di poterci incazzare? Utilizzare Dio per giustificare atrocità, è giustificabile?
Quesiti umani in cerca di divine risposte. Ed è proprio nel dubbio che si insinua il pericolo. Censura culturale, non solo in Italia, ma anche in Francia. «La censura che circonda questo film – scrivono alcuni blog francesi- ed ogni tipo di informazione boicottata da tutti i media francesi tradizionali, solleva anche la questione del grado effettivo di democrazia in Francia e il carattere centralizzato o spontaneo del grande lavaggio di cervelli nazionali ed europei. Forse sarebbe anche il momento di mettere in discussione, un secolo dopo la separazione tra Chiesa e Stato, la separazione tra Massoneria e Stato».
Come sia stato possibile abbattere il muro della censura lo spiega la stessa Federica Picchi: «Abbiamo preferito investire sul contenuto, più che sulla pubblicità ad effetti speciali e, sul contenuto, tutto è stato investito. Arriviamo ed accendiamo le città. Questo film è al pari del buon vino, quello pregiato. Bisogna educare il palato, perché possa essere apprezzato. Così abbiamo ritenuto opportuno rispettare la sua natura di film di nicchia e sondare prima il tessuto sociale che ci avrebbe ospitato. Milano è stato un successo. Ora ci chiamano da tutte le città. Dopo Eboli, sarà la volta di Salerno e Napoli».
Aspettando che Papa Francesco veda il film e ci faccia, con una telefonata, conoscere il Papa-pensiero, riflettiamoci su.
Laura Naimoli per malacopia
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