C’è del verde in questa storia. La storia è lineare e il verde è intenso. O forse no. La storia è intensa e il verde è lineare. Ecco, sì. Le vedo, sono piccolissime linee verdi vigorose e parallele che compongono lo strato superiore delle infinitesimali foglie di bosso di ogni siepe che mi circonda.
Da qualche mese mi sposto in modo casuale attraverso l’Europa, e una delle mie attività preferite è scoprire se Eraclito aveva ragione quando diceva che non si può fare il bagno due volte nello stesso fiume. Per questo tra i vari argini che ho costeggiato, ora mi ritrovo sulla Riviera del Brenta, e, invece di lanciarmi nell’acqua del Naviglio, mi tuffo nel labirinto di Villa Pisani, a Stra, che incontro accidentalmente sul mio percorso.
Della Villa poco m’interessa. Napoleone l’ha comprata quando i Pisani erano sul lastrico per debiti di gioco, ma in questo viaggio ho deciso di non perdere tempo ad occuparmi né di egocentrici, né di stupidi. E per questo mi ritrovo all’entrata del Labirinto e non avrei mai immaginato che ad impersonare Arianna ci fosse il mio professore universitario di Storia della Filosofia Antica, ora sicuramente in pensione, dotato di auricolare senza fili e di una tessera di riconoscimento pinzata all’estremità del pettorale destro sulla sua triste camicia grigia straordinariamente pulita e stirata. Invece di tendermi un filo per ritrovare la strada dell’uscita, questa figura professionale mi aspetta al varco scagliandomi addosso un’occhiata beffarda e insolente. Sono passati anni da quando mi sono laureato all’Università di Padova, e il prof. non mi riconosce, ma io ho buona memoria.
Mi armo di tutta l’atarassia possibile e faccio il primo passo. L’obiettivo di chi entrava tra quelle siepi nel XIX secolo era di raggiungere una dama mascherata sulla torre centrale per scoprirne l’identità e poterla invitare ad uscire insieme dal labirinto. Il mio obiettivo è invece più stupido. Voglio far passare attraverso i pori della mia pelle tutte quelle emozioni che il mio passato di studi filosofici mi ha negato. E nemmeno questa ieratica, insolita Arianna che mi ritrovo di fronte può togliermi l’entusiasmo infantile di perdermi nel Labirinto di Villa Pisani.
Vai Davide.
Un, due, entrato.
Passo-passo-le foglie verdi sono fitte-passo-passo-è tempo di girare a destra-sono obbligato-vado dritto-passo-passo-ora dove vado?-qui o là?-passo-passo-scelgo-ancora a destra-e quasi mi gira già la testa-continuo-continuo-stavolta devo andare a sinistra-ma aspetta-a sinistra la siepe mi chiude il percorso-forse devo tornare indietro-rifare tutto?-no-passo-passo-viro a sinistra invece che a destra al bivio precedente-le siepi sono ovviamente ben più alte della mia testa-non c’è modo di bluffare-e-passo-passo-atarassia non scomparire-e tu claustrofobia ti prego vai via!-passo-passo-ora capisco perché Dedalo che ha costruito il labirinto di Cnosso insieme a Icaro abbia deciso di uscirne fabbricandosi delle ali-passo-passo-non so come arrivare alla torre belvedere-passo-passo-una voce femminile dietro la mia testa-dall’alto-dice-gira a destra-poi vai dritto 17 passi-poi gira a destra e infine a sinistra-arriverai-cerco l’identità di questa voce-e penso allora non sono solo!-seguo le indicazioni-me le ripeto in testa all’infinito-anzi ho finito-ecco-arrivato-salgo sulla torre centrale-e la voce mi sorride leggermente e dice: senza di me saresti rimasto lì ancora chissà per quanto!
Ha ragione. La ringrazio e mi presento. E lei: ciao, piacere, mi chiamo Arianna. Le rispondo: non so se tu stia scherzando, ma sei l’unico modo che conosco per poter tornare indietro, se mi lasci un minuto scrivo due appunti sul taccuino e poi proviamo ad uscire insieme da qui? Vorrei almeno offrirti un caffè al Bar Museum della Villa per ringraziarti. Arianna acconsente. Strappo la paginetta che ho scritto di getto sul taccuino e la tengo in mano per tutto il tragitto di ritorno in mezzo alle siepi di bosso, anche se sudo parecchio a seguire Arianna, che quasi corre nella sicurezza dei suoi passi sul percorso. Le chiedo: per caso hai gettato un filo trasparente? Dì la verità! Lei si volta, sorride e dice: andiamo! Ho davvero bisogno del caffè che mi hai promesso! Quando arriviamo all’uscita mi fermo un attimo davanti al prof., e lo fisso dritto negli occhi prima di lasciare nel palmo della sua mano destra leggermente intimorita dal mio gesto la paginetta del taccuino. Lui si toglie gli occhiali e allontana il foglio per leggere meglio.
“Caro prof. universitario di Storia della Filosofia Antica, la volevo ringraziare perché è grazie a Lei se oggi sono quello che sono: un incapace. È interessante studiare il Labirinto di Cnosso con tutte le sue implicazioni teoriche, ma perché non mi ha mai portato in un benedetto labirinto vero? Ce ne sono almeno tre in Italia. Le sembra che questo sia insegnare? Lo sa o no che Aristotele passeggiava con i suoi studenti mentre insegnava le sue teorie? Lo sa o no che per vivere usiamo il cervello ma anche il corpo? Lo sa che ogni esperienza che facciamo col corpo crea nuove connessioni sinaptiche nel cervello e ci fornisce nuovi modi per interpretare gli eventi? Se non lo sa, se ne vada per favore. Come ho scoperto oggi, la vita reale ha molto più da insegnare”.
Davide Ricchiuti per malacopia
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