Immaginate un piccolo Stato costituito da baroni, visconti e banchieri, dove scorrono fiumi di champagne e la politica interna si tratta alle feste da ballo, tra un convegno amoroso clandestino e l’altro… Il tutto accompagnato dalle note di un Valzer romantico e spensierato. Questa deve essere stata la stessa fantasia che colpì l’immaginazione di Franz Lehar quando scrisse la musica de La Vedova Allegra, operetta andata in scena poco più di cento anni fa, ma che conserva sempre la sua freschezza e vivacità.
Il trentacinquenne Franz, già violinista d’orchestra, ne aveva ormai abbastanza di dirigere bande militari di giorno e scrivere musica sui Rotoloni Regina di notte, e desiderava dedicarsi alla sola composizione, soprattutto della piccola lirica, che più entusiasmava il pubblico della sua epoca. Si era già cimentato in questo genere, ma il colpaccio lo fece quando riuscì a farsi affidare la partitura de La Vedova Allegra facendo ascoltare al telefono il motivo del duetto “Hoplà Hoplà” al librettista Victor Leon. Lehar non aveva molti sostenitori e lo stesso direttore del Theater An Der Wien arrivò ad offrirgli duemilacinquecento fiorini affinché ritirasse l’operetta prima ancora del debutto, perché sicuro che sarebbe stato un fiasco! Tuttavia il 30 dicembre del 1905 La Vedova Allegra andò in scena, e l’auditorio ne fu travolto, sedotto e deliziato, decretando il successo dell’opera e dell’autore, tanto da essere replicata centinaia di volte.
La trama è frizzante: all’ambasciata del Pontevedro a Parigi, sta arrivando la Signora Anna Glavari, giovane vedova del ricchissimo banchiere di corte. L’ambasciatore, il Barone Zeta, ha ricevuto l’incarico di trovare un marito pontevedrino alla vedova per conservare i milioni di dote della signora in patria, perché se si risposasse con un francese il suo capitale lascerebbe la Banca Nazionale e per il Pontevedro sarebbe la rovina. Il Cancelliere d’Ambasciata Njegus e Zeta tentano di convincere il Conte Danilo a sposare la vedova ma lui rifiuta poiché tra lui e Anna c’era stata una storia d’amore finita male a causa della di lui famiglia. Da parte sua la vedova, pur amando Danilo, fa di tutto per farlo ingelosire. Frattanto si snoda un’altra storia d’amore tra Valencienne, moglie di Zeta, e Camillo de Rossillon, un diplomatico francese. I due si danno convegno in un chiosco e sta per sorprenderli il barone Zeta quando Njegus riesce a fare uscire Valencienne sostituendola con Anna. La vedova è sorpresa con Camillo e Danilo furioso abbandona la festa. Tutto ormai sembra compromesso, ma Njegus riesce a sciogliere gli equivoci e a far confessare ad Anna e Danilo il loro reciproco amore.
Denaro, gelosia, seduzione, amore, sono i fili della trama. Una combinazione che non sfuggì alla Metro Goldwyn Meyer, la quale acquistò i diritti cinematografici e ne ricavò tre versioni filmate, l’ultima del ’52 con Lana Turner e Fernando Lamas.
E per chiudere in bellezza niente di meglio del Can Can delle Grisettes da Maxim a Paris, per festeggiare l’amore, i milioni e le belle donne!
Ida Matarese
… for malacopia
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