C’era una volta, in una periferia degradata nel regno fatato, una bimba che vendeva fiammiferi agli angoli della strada. Inutile dire che gli affari non andavano granché bene, in tempi di sigarette elettroniche. Ma la piccina era costretta dal patrigno a vendere i cerini che egli si ostinava a produrre, incurante del principio di domanda e offerta.
– Padre, buon padre, non potremmo vendere Egofoni come tutti e farci i soldi?
– Taci, piccola mentecatta! E torna a vendere i nostri cerini. Torneranno di moda con il vintage!
E mentre il padre investiva i magri guadagni in prostitute di basso rango e distillati alcoolici derivati dalla benzina, la bambina vagava per le strade, cercando di appioppare i cerini a chiunque. Dopo aver ricevuto una diffida per minacce da Pinocchio (scaturita da un infelice “compra i miei cerini e non c’è legno che non avvamperà!”), la poverina si trovava con le spese legali a suo carico e la prima cartella di Equitalia da saldare.
E mentre sedeva in un angolino, per il freddo decise di accendere un cerino, il quale iniziò a parlarle:
– Ciao piccola Fiammiferaia!
– Ciao cerino. Come mai parli?
– Che domanda del ciop! Vivi in un posto con arcolai killer e burattini più intelligenti di una velina ma meno di un calciatore e la cosa che ti stupisce è che io parli?
– Ecciaraggione, ma fa freddo. Sei venuto a risollevarmi dalle mie miserie con qualche potere fatato?
– Minchiona, sono un cerino mezzo combusto! Posso fare una sola cosa per aiutarti. Ora ascoltami bene…
Dieci mesi dopo la piccola fiammiferaia viveva in un attico di lusso con vista sul castello fatato. In effetti l’idea di cerino era stata mica male. Era bastato sprangare dall’esterno finestre e porte e incendiare la baracca dove viveva con il patrigno. Il premio assicurativo era stato clamorosamente elevato!
E vissero tutti felici e contenti.
Francesco Castiglione per malacopia
Illustrazione di Loris Dogana.
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