C’era una volta tanto tanto tempo fa, la solita regina con problemi di fertilità. Invece che ricorrere a un bravo medico della riproduzione, ella si affidava ai rimedi di una volta. Dopo l’ultimo tentativo, cioè tenere un rospo sotto il gozzo con una sciarpa di lana per tutto il periodo della luna nuova, ella si rivolse al marito dicendo: -Tesoro mio, luce mia, perché anche noi non ricorriamo a una fata madrina?-.
– Perché noi non siamo una fiaba canonica, e quindi le fate non vogliono sponsorizzarci -.
– Oh tesoro caro, ma io voglio una figlia, e soprattutto il riconoscimento sociale -.
– Ne parlerò con l’autore, te lo prometto -.
Com’è-come non è, con un passaparola su feisbuch, un paio di visite su siti di annunci fatati e con una azzeccata campagna di Crowdfounding, essi riuscirono a recuperare la loro fata madrina. Ella giunse a palazzo con un ritardo di due mesi, impensierendo non poco i due regnanti.
– Eccomi a voi, auguste maestà – esclamò la fatina.
– Dolce fatina dove sei stata mai? – chiese la regina.
– Ero a risolvere quella questione spinosa del bambino di legno, come mi avevate chiesto -.
– Ma se non ti abbiamo mai visto prima! – disse il re.
– Ma voi non siete quelli che volevano farlo diventare umano? -.
– Ehhhhh no…. Fatina mi sa che hai fatto un po’ di confusione -.
– Ma ditemi, ditemi, voi dovete andare al ballo dunque? -.
Il re e la regina si guardarono preoccupati. Poi la regina si rivolse alla fatina esclamando: – O dolce fatina, io non ho molto da chiedere, voglio solo una figlia che sia con i capelli neri come l’ebano, le labbra rosse come petali di rosa, la pelle bianca come neve. E siccome col cazzo che mi voglio fare 12 ore di travaglio, vorrei che nascesse sotto un cavolo e che odorasse di fragole, se non dispiace a vossignoria -.
– Nessun problema maestà, ho segnato tutto mentalmente! – esclamò la fatina. Agitando la bacchetta magica per aria, pronunciò qualche formula incomprensibile e dopo aver benedetto la coppia reale sparì.
– Dobbiamo proprio ringraziare Cenerentola per averci prestato la sua fatina – disse il re.
– Eh sì caro! Eppure… Che strano, sembrava così ansiosa di sbarazzarsene! – replicò la regina.
Per non perdere tempo iniziarono a fornicare direttamente nella sala del trono tra le urla sguaiate degli armigeri e dei nobili. Nove mesi dopo, il re e la regina trovarono il frutto del loro concepimento sotto uno stolone di fragola. Ella aveva le labbra nere come l’ebano, la pelle del colore delle rose e i capelli bianchi. Ma la cosa che della bambina colpiva più di ogni altra è che emanava uno sgradevolissmo odore di cavoli. Ironia della sorte, alla bimba venne messo il nome di Profumina.
Il re e la regina si guardarono e misero una taglia sulla testa della fata madrina. Per essere in linea con gli altri genitori regali del regno fatato decisero di rinchiudere la loro figlioletta in una torre, vergognandosi del suo aroma pungente. E attesero che un principe arrivasse a chiedere la mano della fanciulla.
La fanciulla, nonostante il guazzabuglio cromatico, cresceva bella, ma con lei cresceva anche il fetore, tanto che tutti nei dintorni evitavano il torrione in cui era rinchiusa. Nessun principe si avvicinava e nessuno voleva la sua mano. I genitori erano disperati.
Dopo qualche anno, giunse a corte un giovane bardo, che iniziò a suonare una musica struggente di fronte ai sovrani. La regina si profuse in lacrime. Il re, tra i singhiozzi, raccontò al giovane bardo la triste storia della sua figliuola, chiedendogli di diffondere nei regni vicini la voce che il re avrebbe dato al coraggioso, nobile o plebeo che fosse, tutti i suoi possedimenti e i suoi titoli in dote se fosse riuscito a prendere in sposa la sua pestilenziale figliola, rinchiusa nella torre sin dalla nascita.
Il bardo, zitto zitto, sentito il tutto, armatosi di coraggio, non solo non andò nei regni vicini, ma si avvicinò alla torre, intorno alla quale la vegetazione era riarsa dal letale miasma. Giunto li, la principessina, calando una treccia lurida, disse: – Prode, sei giunto dunque per prendermi in isposa? -.
– Abbella, ne possiamo parlare ma prima usa questo – disse il bardo lanciandole un oggetto che la fanciulla non aveva mai visto in vita sua. Il bardo le disse come usarlo al meglio e attese.
Cinque giorni dopo, la dolce Profumina e il bardo tornarono nella reggia, sotto lo sguardo attonito di tutti. Giunti al cospetto dei reali, la regina propruppe in un pianto e corse ad abbracciare la figlia. Dopo pochi secondi, si rese conto che nessuno dei cortigiani aveva perso i sensi, e che il canarino da miniera non era spirato, come di solito accadeva, e tolta la maschera di ossigeno che era solita usare quando abbracciava la figlia, si rivolse al bardo: – Quale prodigio è mai questo? – chiese singhiozzando la regina.
– Invero, prode eroe, quale artificio hai mai utilizzato? – si unì il re.
– Beh, avete mai pensato di far lavare vostra figlia con il sapone? – disse il bardo.
I due sovrani si guardarono stupiti, ognuno convinto che fosse stato l’altro a fare il bagnetto alla piccola nel corso degli anni.
– Guarda un po’ cosa può provocare un semplice malinteso – disse il re ilare.
– Oh oh oh cosa ridi, ebete? – disse l’assistente sociale fatato che si trovava a passare di lì per caso.
E fu così che il bardo girovago sposò Profumina e divenne principe del regno, mentre il re e la regina ebbero un po’ di cose da spiegare in questura sulle loro capacità genitoriali.
La favola insegna che, alle volte, la soluzione più semplice è la migliore. E che se sapete di pollo tandoori è caso che vi laviate.
Francesco Castiglione per malacopia
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