“Avevamo il mostro in casa e non ce ne siamo mai accorti”: eppure quando dobbiamo notare il chilo in più messo dalla nostra carissima collega siamo peggio di uno scanner; quando dobbiamo controllare i messaggi giunti sul telefono del nostro uomo, dal giorno presente a ritroso fino a quello appena successivo ad Adamo ed Eva, troviamo modo e maniera di essere così attente che la Vispa Teresa a confronto è una mera dilettante Ma quando invece dobbiamo ammettere segni evidenti di squilibrio da parte del nostro compagno, lì no, non ce la possiamo fare. E dice bene Lella Costa, in “Ferite a Morte”, che proprio non ci accorgiamo di nulla. Non vogliamo, io credo. Perché, siamo serie, non abbiamo mai pensato che quel ceffone sia arrivato, in fondo, perché lui è stressato dal lavoro? Ma certo! Manco fosse il Presidente degli Stati Uniti d’America. E quando vi ha umiliate, con gli occhi iniettati di odio, dicendovi che non valete nulla? Ma sì, era nervoso perché aveva litigato con la madre. E la squadra del cuore aveva perso. E i pantaloni non erano ben stirati. E i pianeti non erano tutti perfettamente allineati. Poi sentiamo il telegiornale… Ammazzata Luisa, strangolata Francesca, sfregiata Laura. Ma, in fondo, chi le conosce queste? Che vogliono dalla nostra vita che noi, con indefessa fatica, ogni giorno tentiamo di tenere in piedi manco fosse un’edizione pratica di Tetris? Saranno state sfortunate, se la saranno un po’ cercate, eh signora mia, cosa vuole, succede questo a scegliersi certi fidanzati. Tanto, finché noi la sera ci rintaniamo nelle braccia del nostro uomo, tutto il resto può aspettare. Pazienza se quelle braccia, in alcuni casi, stringano un po’ troppo. Ma parliamone facendo nomi e cognomi: FEMMINICIDIO. Che parola sciocca: alcune di noi sono talmente frustrate che pretendono le quote rose pure negli atti violenti e criminali. Come se già la parola “omicidio” non fosse abbastanza. Però, a pensarci bene, il femminicidio esiste: è l’abuso di una donna su se stessa, sulla propria capacità di amare, sulla propria autostima, sul proprio ruolo nella società. Ci ammazziamo ogni volta che facciamo dei figli anche se non li desideriamo, ma solo per accontentare marito, padre, nipote, zio, nonna. Ci facciamo del male ogni qualvolta ci sentiamo in colpa perché guadagniamo più di nostro marito e il povero si sente inadeguato, poiché ancora incapace di uscire da quell’equazione imprecisa che è essere = avere. Ci strangoliamo con le nostre stesse mani tutte quelle volte che mettiamo da parte la nostra già precaria autostima e ci facciamo censurare dal primo troglodita uscito dalla caverna, che ci stia chiedendo di allungare l’orlo di quella gonna o di essere meno esplicite quando scriviamo quelle sciocchezze su Facebook. E dunque ben venga uno spettacolo teatrale, fanno bene Serena Dandini, in veste di regista e autrice, e le attrici Lella Costa, Orsetta de’ Rossi, Giorgia Cardaci e Rita Pelusio a scandagliare l’intimità di quelle poveracce uccise e a ricordarci che la violenza non ha mai giustificazione e che, proprio perché il male è quasi sempre banale, dobbiamo noi stesse prenderci l’impegno costante e pressante di tenere a noi stesse: salvaguardarci dal nostro sapercela raccontare nei più svariati campi affettivi può significare, in alcuni casi, salvarsi vita. “C’è solo un modo di cambiare un fidanzato violento: cambiare fidanzato.” E, visto che ci siete, belle mie, non accontentavi: che siano gli altri a provare ad arrivare al vostro livello e mai voi ad abbassarvi al loro. Chi vi vuole, vi cerca, vi rispetta e, invece di farvi violenza (fisica, morale o psicologica che sia), vi dà pure, coscientemente e felicemente, il coltello dalla parte del manico. La Regina Martina Del Castello per malacopia
Il boudoir della Regina – Ferite a morte
[LA REGINA RECENSISCE]
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