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L’altro pomeriggio mi trovavo davanti alla mia libreria, cercando invano con gli occhi una raccolta di Arie d’Opera. Il mio sguardo è stato invece catturato da un volume che avevo dimenticato di avere: L’Operetta Italiana – Storia, Analisi, Aneddoti di Waldimaro Fiorentino. Allungo la mano per prenderlo e tirarlo fuori dagli altri libri in cui è incastrato e mi casca addosso lo scaffale, tra cui la famosa raccolta che cercavo. Io che so cogliere i segni del destino mi siedo sul divano a sfogliare il Waldimaro.

Forse non tutti sanno che il Musical moderno, genere molto in voga all’estero e da noi troppo poco seguito, è l’erede dell’Operetta, discendente a sua volta del melodramma ottocentesco, ma con una connotazione più vivace e brillante.

La forma diminutiva non deve trarre in inganno: si tratta di un teatro musicale che ebbe molta fortuna nella seconda metà dell’Ottocento fino agli anni trenta del secolo scorso. L’Operetta è una commedia in parte cantata e in parte recitata, cha ha il proposito di divertire il pubblico con scenografie accattivanti, con storie allegre e sentimentali, danze e melodie costruite all’insegna della semplicità e della spensieratezza.

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L’Operetta nacque in Francia e in Austria per poi diffondersi in Germania, Inghilterra e anche in Italia, e il caro Waldimaro tratta proprio della scuola italiana e riscopre le sue origini.

Le Operette più famose sono Il Pipistrello di Johann Strauss figlio e La Vedova Allegra di Franz Lehàr, mentre i titoli italiani più conosciuti e rappresentati sono Scugnizza di Mario Costa, Il Paese dei Campanelli di Carlo Lombardo, Cin Cin Là di Carlo Lombardo e Virgilio Ranzato, L’Acqua Cheta di Giuseppe Pietri. Ma ce ne sono tanti altri!

Una curiosità: da molte di queste arie della cosiddetta piccola lirica sono scaturiti alcuni nostri luoghi comuni, come il detto: una rondine non fa primavera (“Salomè, una rondine non fa primavera”, da Scugnizza).

Ecco, mi sono detta: soprattutto di questi tempi che l’arte in generale nel nostro Paese è poco sostenuta, vale la pena riscoprire le operette e ricordare che nell’opera musicale l’influenza italiana è stata fondamentale e ispiratrice per tutta la produzione europea e oltreoceano.

Quasi quasi lascio perdere la raccolta d’arie d’Opera e cerco il duetto Tace il labbro (da La vedova allegra di F. Lehar).

Un po’ di turismo nel paese dei pipistrelli e delle vedove allegre non può che farci bene!

Ida Matarese

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