Abbiamo letto del profumo dei libri: la sensazione affascinante del buono odore di carta e di inchiostro che si mischiano in una combinazione magica prima di tradursi in parole. Ma cosa accade quando cominciamo una storia? Quando la lettura è già iniziata, e abbiamo già immerso mente e cuore e stomaco nella trama di un racconto?
Il vero profumo della lettura viene dalla storia stessa. Fateci caso: a ogni storia inventata, letta e scritta, associamo un profumo. Abbassiamo le luci per un momento, chiudiamo gli occhi: è lì, lo sentite? È la fragranza del ricordo.
Posso rievocare ciascun aroma delle storie che ho letto.
Per esempio, “La Storia Infinita” sa dell’odore che aveva l’aula pulita della mia classe, perché alle elementari portavo il libro a scuola e lo leggevo non appena giungevo. Mio padre mi accompagnava molto presto, prima che la campana suonasse, e quando non mi perdevo nei giochi di bambina insieme ai compagni che come me aspettavano l’inizio delle lezioni, aprivo il libro, annusavo l’aria, e in un attimo ero con Atreyu a combattere il Nulla, o con Bastian, chiusa nella soffitta, a tremare di emozione.
“Il Baule dei Sogni” narra le avventure di una cresciuta Anna dai Capelli Rossi e ha l’odore – il primo odore – della mia casa. I miei genitori l’avevano da poco acquistata e rimessa a nuovo, e prima di andare ad abitarci, prima di chiamarla “casa”, mia madre mi portava insieme a lei per controllare che i lavori procedessero come dovevano. La cucina era già ultimata: luminosa come non ne avevo mai vista una, con le pareti così bianche da ferire lo sguardo. Mi sedevo a tavola, aprivo il libro, iniziavo la lettura: e sapeva di fresco, di vernice, di primavera, perché le imposte erano sempre spalancate, e di un mondo tutto nuovo che aspettava a sua volta che venisse raccontata una storia: la mia.
“Delitto e Castigo” sa d’inverno: di tè caldo, di solitudine e dell’odore un po’ stantio della vecchia sedia a dondolo dove mi rifugiavo, armata di coperta e biscotti, per incontrare il mio Raskolnikov. Più procedevo nella lettura, più m’innamoravo di lui, del suo carattere ermetico, della sua incapacità di mantenersi coerente con i suoi scopi; mi innamoravo della sua forza, del suo tormento, e della sua resa di fronte al peso della coscienza. Era come essere a San Pietroburgo, sulla Nevskij: sentivo l’odore del fiume, della città e della neve, del suo cappotto vecchio e della casa dove viveva, proprio sopra l’appartamento della vecchia usuraia.
“Storia di Lisey” ha l’odore di Torino quando fa molto freddo. Chissà perché, leggo più volentieri durante l’inverno. Questo è un libro che sa anche di lago, di fiori viola e d’acqua dolce, dove il ricordo si confonde con la fantasia: quel luogo insieme oscuro e bellissimo, la fonte da cui ogni narratore attinge quando sta per creare un’opera d’arte.
E di castagne, inverno e freddo sa anche “La Cura”, di Hermann Hesse, e anche di biro e di tabacco: prendevo appunti su un taccuino quando, da sola, il sabato pomeriggio, giravo per la città in cerca di una panchina sgombra dove poter finire la mia lettura e aspirare avidamente il profumo delle sigarette di passanti sconosciuti.
Ricordo bene l’odore dell’ultima storia letta: sa di estate e canicola, di caffè per tenermi sveglia; ho tenuto fra le mani un testo che mi ha stupita, affascinata, avvinta e conquistata. L’ho letto di notte, anche se avevo terminato di lavorare tardissimo, anche se avrei dovuto alzarmi presto il giorno dopo: perché il profumo della letteratura, quando lo annusi, non puoi più smettere di volerlo ancora a fondo nelle narici e nell’anima.
Che cosa ho letto? Non posso dirvelo; ma se avrete pazienza, lo scoprirete proprio tra queste pagine virtuali. A proposito, lo sentite, proprio adesso e qui, questo nuovo profumo?
Erika Muscarella per malacopia
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