Il tour estivo è partito, il disco va benissimo, mille impegni e… Un’intervista a Zibba per malacopia! 🙂
Diego&Marco: Una delle frasi che ci piace di più della canzone “Senza di te” è “Vedremo i giorni fiorire negli occhi di un figlio che avrà i miei bottoni”. Sono le fiabe e i sogni che vuoi regalare a tuo figlio (nato a gennaio di quest’anno, ndr.)?
Zibba: Sono le piccole cose importanti della vita, quelle cose che servono quando si ha freddo, quando si ha paura. Sono quelle cose che vorrei lasciare a mio figlio già a partire da adesso.
D&M: E tu da bambino avevi gli occhi a bottone?
Z.: Forse no. Ho sempre avuto gli occhi accesi, gli occhi strasognanti. Ho sempre avuto gli occhi che brillavano, mi è sempre piaciuto lasciarmi stupire sia dal bello che dal brutto. Quindi i miei occhi luccicano sempre un po’. Non ho mai avuto una corazza, sono uno da lucciconi e non mi vergogno affatto del mio essere.
D&M: A casa tua, quand’eri piccolo, che musica si ascoltava? Sei cresciuto a pane e De Andrè e Paolo Conte o con a pasta e Pink Floyd?
Z.: Nessuna delle due. Sono cresciuto a teast e a Charlie Parker. Mio papà ascoltava jazz, forse neanche capendoci così tanto di quello che ascoltava, che forse è proprio il bello per ascoltare quel genere di musica, perché il jazz quando lo capisci troppo finisce per non divertirti quasi più. Sono cresciuto in una famiglia che ascoltava tantissima musica. Questo mi ha aiutato e spronato molto perché era una passione prima loro, per cui mi hanno permesso di vivere dei miei sogni senza che questo sembrasse loro brutto.
D&M: Senti: vino o birra?!
Z.: Dipende dal momento. In questo momento non bevo da tanto, sto cercando di limitarmi. E quando bevo, wodka!
D&M: Qual è stato il tuo primo strumento musicale? Ce l’hai ancora?
Z.: Un pianoforte che ho tutt’ora. Me l’ha comprato mio papà quando avevo 6 anni perché voleva che iniziassi a suonarlo. Subito non mi piacque tanto ma verso i 12/13 anni ho iniziato. Sono partito da lì, da un pianoforte che non ho mai più suonato. Io compro strumenti da tanti anni, colleziono cose che trovo nei mercatini, cose vintage un po’ particolari e non per il gusto che siano vecchie ma perché costano poco e funzionano ancora. Soffro quando vedo qualcuno che porta una tastierina ad un mercatino e se la vende a 10 euro e mi chiedo: “Ma che fastidio ti dava in casa?!”. Vederla lì da sola mi spiace e me la porto a casa.
D&M: Una domanda uno po’ acida. Perché dopo tutti questi anni di attività e musica di qualità ti hanno messo tra le giovani proposte? Secondo te, il festival di Sanremo ha ancora un senso? Se sì, quale?
Z.: Secondo me il Festival ha ritrovato un senso negli ultimi due hanno perché ha rivolto lo sguardo al mondo autorale. Se continua così ha senso di continuare ad esistere perché valorizza anche persone che fanno musica di qualità. Quest’anno è stata una vetrina per personaggi come Cristiano De Andrè, per Frankie, per Giuliano Palma, per Antonella Ruggero. E tantissime belle canzoni scritte da bravissimi autori, che non vengono sul palco ma hanno scritto prima e dietro. C’era un’Italia musicale importante su quel palco. C’era una bellissima schiera di giovani interessanti. Nuove proposte per noi ci sta, ha senso, il grande pubblico non ci conosce.
D&M: Voi avete fatto sempre molto live. Noi crediamo che in un mondo dove tutto è facilmente replicabile e comodamente fruibile a casa, il vero spettacolo del futuro sia live: teatro vs cinema, concerto vs cd. Tu che ne pensi?
Z.: Sono d’accordo. Il ritorno allo spettacolo dal vivo è importantissimo, soprattutto per il teatro, perché la musica comunque ha senso d’essere ascoltata su cd o altri supporti, nello stesso modo del teatro in televisione. Invece, il cinema è un’altra cosa. È la bellezza del tutto messo insieme.
D&M: Esiste una nuova musica? Esiste un nuovo modo di fare musica?
Z.: No, non esiste. Musicalmente non esiste più nulla da dire, esistono nostre versioni di cose che ci hanno colpito particolarmente. La musica mondiale è già stata fatta. C’è un rinnovo continuo di alcune cose. C’è stato un ritorno agli anni 50, poi agli anni 60 e 70. Ora magicamente sono tornati gli anni 80 nelle nostre vite. e andrà avanti così. Il nuovo c’è soltanto nella mescolanza, in quello che non è più solo musica, è performance ma non si può considerare nuova musica. È qualcos’altro.
D&M: Da maggio avete cominciato a lavorare al nuovo disco, che sarà corredato da un libro fotografico per mostrare come nascono le canzoni. E ad un film. A noi, che siamo malacopia, questo piace moltissimo. E a proposito, perché “Senza pensare all’estate”? Preferite l’inverno?!
Z.: La maggior parte delle persone, me compreso, attribuiscono all’esterno il peso della felicità, dello star bene. Aspettiamo l’estate perché ci sia caldo, e quando qualcosa non va bene è colpa di Dio, di nostra madre, di un amico… Invece di aspettare l’estate, invece di aspettare qualcosa di esterno per essere sereni, è meglio svegliarsi tutti i giorni e provare a trovare uno sprazzo di sole da qualche parte.
D&M: Canti, suoni, suoni, scrivi canzoni ma anche libri. Quali storie ti piace raccontare?
Z.: Scrivere è uno sfogo, è un bisogno. La musica parte dal mio fotografare le cose che voglio riporre nei cassetti. Ogni volta che mi capita di pensare a una cosa e la voglio tenere, scatto una foto e la metto via. Poi magari diventerà una canzone, una poesia o che ne so… Può darsi anche che rimanga lì, sul quaderno ma che magari tra 5 anni, riletta, mi porti indietro a quell’immagine, a quell’odore… Per questo serve la malacopia, è fondamentale.
D&M: Chiudiamo con un’ultima, fondamentale domanda. Pasta al pesto: liscia o con fagiolini e patate?
Z.: Solo con le patate. Pesto e patate, rock&roll, coi fagiolini e le patate un filo troppo pesante… Pesto e basta, fatto in casa e lasciato bello grezzo!
…con amore
Marco Melluso, Diego Schiavo e Zibba
qui la Malinvista a Zibba… se ve la foste persi! 🙂
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