Marco Missiroli. Atti osceni in luogo privato, Feltrinelli, 2015.
Atti osceni in luogo privato è la storia della rivoluzione che si fa per trovarsi e colonizzarsi. Si nasce, si porta un nome che scelgono altri e si è sempre costretti ad andare in giro col proprio corpo, la propria testa, strati, organi, cose. Ma questo non significa proprio che si vada in giro con se stessi.
Libero ha un nome impegnativo che è già un contratto con l’esistenza, scrive le cose più grandi di lui su un quaderno e ha scoperto che la vita è un fatto di alfabeto da collaudare a modo proprio. A dodici anni abita a Parigi con mamma e papà, il signor Marsell e la signora Marsell, che tradisce il marito. Ne conseguono un divorzio e l’ingresso per Libero nel mondo adulto. Tra Parigi e Milano lo svolgimento del collaudo insieme a un nutrito gruppo di esemplari: Palmiro Togliatti (il cane), Marie (la confidente dispensa libri), Lunette, Frida (altra portatrice di nome impegnativo), Antoine, Giorgio e l’osteria, Anna, Buzzati, Malamud, Hemingway e Camus che, va detto, ha un ruolo di rilievo in tutta la questione. Poi compare anche Sartre e allora arrivederci.
I libri mi davano noia tranne le storie di indiani. Mi chiese come mai gli indiani, dissi che erano rimasti in pochi e a me piacevano i pochi.
Emancipatosi dall’infanzia tramite sessualità, arriva all’adolescenza: una questione legata più che altro a Lo straniero, una storia di indiani in qualche modo che piace moltissimo alle donne. La maturità invece è stipare ventitrè anni in un borsone insieme all’attrazione per le grandi speranze (ciao Dickens) e cambiare aria, finendo a Milano in uno studio legale con una copia del suddetto Camus nella giacca a cercarsi la magia. Adultità è avere in tasca una formula matematica per la resistenza e un’epifania che fa scattare una molla dentro da qualche parte e in un secondo si capisce cosa si vuole davvero. Il resto è andare a prenderselo.
Leggere questo libro mi ha fatto pensare al fatto che quando si è qualcosa lo si è, a volte, rispetto a qualcosa d’altro. Quando si è stranieri, per esempio, si è stranieri rispetto a un luogo, un’abitudine, delle persone. O se stessi. Quando un atto è osceno lo è rispetto al pensiero, al canone, a una regola. C’è la regola del pubblico ma c’è anche quella del privato. E Libero indaga quel territorio per capire il sistema e starci come si deve. Senza scomodare filosofie, la ricchezza più grande mi pare il messaggio per cui ognuno deve essere libero dentro di sé e per sé. E quindi con gli altri. In tutti i campi non legiferati in senso stretto, ma solo in senso morale chi lo dice cosa è giusto e cosa no? E dunque come?
Straniero: appartenente a nazione estera.
Osceno: che offende la moralità in campo sessuale. Molto brutto, di cattivo gusto.
L’osceno è di tutti ma sono i liberi a viverlo, spiega Marie al giovane amico. Atti osceni in luogo privato è scardinare il giudizio dell’altro vissuto in un territorio che però è solo tuo. Viene meno la premessa: se è il tuo è tua anche la misura, tua la magia, tuo l’alfabeto. E alla fine la vera libertà è nella custodia (tua e dell’altro), che di fatto scrive la differenza tra sfogo ed espressione.
L’altro piano che davvero fa funzionare le cose è la coincidenza. Una storia di libertà e liberazione può essere realmente congeniale e funzionante solo se si basa sullo stesso principio, e cioè solo se il modo in cui si racconta è libero anche lui. Altrimenti non funziona. Atti osceni in luogo privato è una di quelle cartine geografiche che si appendono al muro tutte coperte di patina d’oro da grattare via dal posto in cui sei stato. Così, nel tempo, porti alla luce luoghi che hai visitato e fatto tuoi. Posti che erano lì anche prima e ci saranno anche dopo solo che adesso li hai attraversati e ti appartengono perché li hai spostati dalla carta alla tua testa, al tuo sangue, al tuo cuore. Libero scopre una tappa alla volta, onestamente, vivendo il viaggio come i coraggiosi. Così Missiroli racconta una storia: con lo stato delle cose. E ti fa sentire la purezza del protagonista, la leggerezza dell’esploratore che ha trovato il suo stile, le sue parole per dire le cose e il mondo, e il mondo per dire le sue cose e le sue parole.
E fu così che Libero Marsell conquistò se stesso. Con buona pace del suo nome, messo lì per essere abitato come si deve.
E adesso vado a recuperare Lo straniero perché non l’ho mai letto.
Sai cosa fa andare bene l’umanità, ometto di mondo?
L’utero e la Francia?
Il silenzio, il maquillage e Dio.
Licia Ambu per malacopia
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