Il triangolo amoroso è un concetto antico, noto a tutti, che nel corso del tempo è stato d’ispirazione alla letteratura, la pittura, la cinematografia e, non ultima, alla musica.
Tranquilli: non mi riferisco, in questo caso, alla canzone di Renato Zero che, pur essendo un grande successo, non l’avevo considerata! Intendevo l’opera in un atto “The Telephone or L’Amour à Trois” di Giancarlo Menotti, rappresentata la prima volta a New York nel febbraio del 1947. L’autore, nato nella provincia di Varese, è stato un compositore e librettista italiano naturalizzato statunitense, ed è anche stato il fondatore del Festival dei Due Mondi di Spoleto.
Il breve atto unico dura una ventina di minuti e i protagonisti in scena sono Ben, Lucy e… il suo telefono! Ben è in procinto di partire e ha una cosa molto importante da dire a Lucy, ma proprio nel momento cruciale viene ogni volta interrotto dallo squillare del telefono… La prima volta è Margaret, la senconda volta è qualcuno che ha sbagliato numero, la terza volta è George che è arrabbiato con Lucy. A questo punto, Ben ha l’impulso di tagliare i fili del telefono, ma la sua fidanzata arriva in tempo per proteggere l’amato oggetto e avvia una nuova conversazione telefonica per confidarsi con l’amica Pamela! Ben si arrende e se ne va… Ha capito che l’unico modo per parlare con la fidanzata e chiederle di sposarlo e… chiamarla al telefono!
Da ciò si evince come il classico “lui, lei, l’altro” (o l’altra e viceversa) non debba per forza comprendere elementi del genere umano, ma uno dei tre è più spesso lo Smartphone o IPhone di turno, ormai diventato una vera e propria estensione del nostro corpo: al ristorante, in riunione, a scuola, in bagno, in bus, mentre facciamo l’amore, il telefono non ci abbandona mai!
Già nel 1947 la logorrea telefonica era considerato un vizio diffuso, tanto da ispirare Menotti a comporre quest’opera buffa. Le “telefonate”, nelle quali Lucy è protagonista assoluta, sono arie concepite come pezzi “chiusi”, ossia possono essere estrapolate dal contesto e rappresentate da sole. Il povero Ben si accontenta di frammentari dialoghi in veste di “recitativi”, mentre il telefono è un personaggio vero e proprio che emette arpeggi pianistici quando si compone il numero o chiama aiuto come un bambino quando Ben si avvicina per tagliare il filo!
Rappresentatissima in America, in Italia l’opera è stata al Comunale di Treviso lo scorso anno con un allestimento divertente e “giovane”, per la direzione di Claudio Desderi e con una bravissima Mariacarla Seraponte nei panni della protagonista.
Se vi capitasse di incrociare quest’opera in qualche cartellone teatrale andate a vederla: vi divertirete moltissimo apprezzando lo stile neoclassico e brillante di Menotti.
Ida Matarese
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