Sei sconnessa da troppo, quasi due ore. Ti decidi. Hai tempo. Ti connetti. La barra blu della home di facebook si tinge di rosso. Notifiche annunciano conversazioni. Messaggi importanti, inattesi. Apri. Poco importa se è l’editore che dice che pubblicherà il tuo romanzo o se è il messaggio del pirla di turno. La cosa fondamentale è leggere.
«Ciao Laura, come stai? Non ci conosciamo di persona, ma ti leggo. Ho notato che non pubblichi post da giorni e mi dispiace. Sai, con le stronzate che scrivi, ci rido le giornate. A presto».
Ci rimani di merda. E adesso, ditemi voi. No, perché io davvero non so cosa pensare. Non l’ho saputo quando l’ho letto, almeno una dozzina di volte in una manciata di minuti, e non lo so neppure adesso che, per tutta risposta, gli ho sputtanato il messaggio, inviatomi in privato, sulla bacheca facebook.
È sotto gli occhi di tutti che i miei post non brillino nell’universo cosmico del social per l’alto spessore culturale o intellettuale. È vero, scrivo stronzate. Ma, cazzo, me lo dici così che sono un’idiota? La prima chat è come il primo appuntamento. È come se ci fossimo incontrati per la prima volta ad un appuntamento al buio e, dopo una birra ed un paio di battute, te ne uscissi con una frase del tipo: «Ma dove sei stata fino ad ora? Sono anni che pago il canone TV solo per vedermi Zelig, quando ci sei tu che sei un concentrato di demenza, senza neanche interruzioni pubblicitarie!».
Ditemi se questo non è un coglione. Che poi, ti guardi intorno e leggi post di amiche che si lagnano, ma vantandosi, di amanti calorosi, di chat infuocate e conversazioni private che troncano il fiato. Esseri mitologici la cui traccia indelebile permane circoscritta al genere “leggende metropolitane” Ma dove?
Così, ho fatto un breve excursus delle mie chat. In effetti, di approcci sui generis posso vantarne anch’io qualcuno. Questo pirla a parte, intendo. Il giovane Werther, ad esempio. Intellettuale logorroico, con l’ansia da prestazione. Intavola discorsi metafisici, perdendosi in elucubrazioni mentali che, a chiamarle “pippe”, gli fai pure un complimento. Il tutto, per sedurti con il suo sapere enciclopedico ed intrappolarti nella rete delle sue parole minuziosamente volte a costruire la ragnatela perfetta. La farfalla stavolta abbocca… C’è il rischio però che, mentre lui ti scrive una metafora tirando in ballo un certo Pluto, che potrebbe identificarsi in Plutone, dio greco delle ricchezze, tu stai già pensando a Paperino, Topolino e la banda bassotti. Ti distrai e non ci capisci più un cazzo.
Poi, c’è quello che va direttamente al sodo. Poche battute: «Come stai? Tutto Bene? Il lavoro? Ah si, che bello… Scopiamo?». E tu, che per davvero non te lo aspettavi, lo chiami per dirgli: «Ho la paletta in mano, se la stanza da pulire è grande, vengo ad aiutarti. In due, non ci si mette niente!».
Infine, e la finisco qui perché sarebbe pietoso continuare, c’è lo psicologo. Guarda la foto del profilo e ti trova una patologia psichiatrica ad hoc. Se la studia per bene sull’enciclopedia della salute, uscita come inserto su qualche settimanale della nonna, e ti contatta dicendoti: «Ciao, sei triste. Hai sofferto tanto. Si vede dagli occhi». Tu non puoi capire che si tratti di psicologia, non ti ha neppure detto il nome scientifico della patologia che hai e così cominci a pensare che, effettivamente, hai sofferto molto, soprattutto dopo la peperonata della cena della sera precedente. Un dolore, ma un dolore che al solo ripensarci, comici a soffrire di nuovo. Così, la reazione inaspettata, per lo psicologo. Sbotti a piangere, pensando ai peperoni, chiudi la chat e pure lui; lui che rimane con i peperoni sullo stomaco, come per magia, senza neanche averli comprati… D’altra parte, a 3 euro al kilo, fuori stagione, chi vuoi che li compri!
Tra le verità universalmente condivisibili, ce n’è una più vera di tutte: a noi donne piace piacere. Piace a tutte. Questa è la verità. Anche a quelle intelligenti, le intellettuali, a quelle che non si mettono in mostra mai, a quelle che vanno dal parrucchiere soltanto quando si sposa il cugino più stretto, che non postano selfie sui social e che “mangiano una mela coi libri di scuola” (citazione citabile).
Allora dico io: cari maschietti, per conquistare una donna, non vi resta che rispolverare l’Ars Amatoria di Ovidio, il manuale del perfetto seduttore. Nonostante abbia vissuto a cavallo tra il prima e il dopo di Cristo, ne sapeva una più del diavolo. Non era per niente un pirla. Il fatto è che a scuola vi fanno studiare tutto quello che non serve. Nessuno vi dice che per trombarsi, basta diventare follower di Ovidio. La prima cosa da fare, secondo il magister, è conoscere bene dove e quando trovare più donne in chat. È inutile che rompete le palle scrivendo allora di uomini e donne, chi volete che vi caghi! Dovete fare come fa il cacciatore che conosce bene le valli abitate dai cinghiali, o il pescatore che sa come, dove e quando gettare la rete.
«Promettete senza paura – scrive Ovidio -, le promesse attirano le donne. Come testimoni, chiamate tutti gli dei che volete. Giove, dall’alto, ride degli spergiuri degli amanti ed impone ad Eolo di disperderli tra i venti». Senza paura, scrivete loro: Tu mihi sola places.
Cari followers di Ovidio… Mai mettere limiti alla provvidenza, né al copia e incolla.
…amorevolissimamente
Laura Naimoli e malacopia
Scrivi un commento