Domenica sono andato al Centro Percorsi Musicali di Livorno, ad assistere all’esibizione del Libero Coro Bonamici. L’idea di fondo ha già una sua storia: prendi un pezzo conosciuto (genere pop, rock et similia) e lo arrangi per 5, 6, 7 (o quante ne pare a te) voci.

Malacopia_libero-coro-bonamici-1Se andate a un concerto del Libero Coro aspettatevi quindi di ascoltare Madonna, i Muse, i Matia Bazar, Battisti, i Queen e persino Bruno Lauzi.

Oltre a questo però, dovete essere pronti ad altro:

1) a meravigliarvi, per esempio, perché scoprirete (merito del lavoro quasi speleologico della bravissima barra geniale direttrice del coro Ilaria Bellucci) che ogni pezzo è una miniera di possibilità, di percorsi e soluzioni segrete, di potenza pronta a brillare nello spazio bianco – e infinito – che esiste tra nota e nota;

Malacopia_libero-coro-bonamici-32) ad avere i brividi, perché i ragazzi del Libero Coro sono prodigiosi: dal sussurro allo scoppio, dalla corsa al riposo, non c’è gradazione di colore, di energia e di movimento che non sia perfettamente calibrata, intonata e integrata in un tessuto sonoro compatto, che non sbava mai, che pare esistere ancora prima delle voci che lo tengono in bocca;

3) a divertirvi, infine, perché a cantare sono anche i corpi: li vedrete trasformare lo spazio in un accattivante ricamo di sguardi di intesa, schiocchi di mani su pance e ginocchi, onde di spalle e fianchi – Ilaria, la direttrice di cui sopra, balla forse più di tutti – che accompagnano i pezzi, o meglio, li completano; perché come fai a cantare Don’t stop till you get enough senza agitare le maniglie dell’amore?

Malacopia_libero-coro-bonamici-2Se non è ancora chiaro, tutto il discorsetto nasconde un consiglio: andateli a sentire! (sul sito trovate i vari appuntamenti, le date, le news, e anche le foto, se avete gli occhi più sviluppati delle orecchie).

Prima di mettere punto però, vorrei esprimere un pensiero che mi è venuto su mentre ero lì, con i brividini e lo stupore, a sentirli cantare. Pensavo: quanto è diversa l’esperienza di chi sta lì e di chi sta qui? In cosa il godimento dell’ascolto si differenzia da quello della produzione? Domanda che al momento rimarrà senza risposta: temo infatti che ci vogliano delle nozioni di neurologia che non ho. Però una cosa l’ho capita, o almeno credo (e prima di me un certo Pitagora, ma vabbè): la bellezza della musica – la sua forza, anche – sta nel fatto che muove le cose: l’aria, l’acqua e la pietra, tutti elementi di cui siamo fatti; attiva l’elettricità che ci balugina tra le meningi; piega gli umori, scava e riverbera anche tra l’inconsistenza dei ricordi. È questo il motivo per cui un’esperienza musicale bella ti rimette in sesto, perché ha la stessa forza dell’osteopata che ti prende il collo incriccato e con un colpo di mano te lo raddrizza.

Malacopia_libero-coro-bonamici-4Andrea Meli per malacopia

Foto dall’album di famiglia del Libero Coro Bonamici