IL LADRO GENTLEMAN A CUI PIACEVANO GLI SFOTTÒ E LE MAGGIORATE

Il nuovo Lupin: geniale, narciso e cattivo come il primo? La nuova serie dedicata al personaggio di Monkey Punch farà il suo esordio a Maggio 2015 sulle Reti Mediaset. Sarà una storia inedita, ambientata tra Italia e San Marino. (da wired.it)

Ma la notizia copDa bambini, quando guardavamo la TV, eravamo abituati a contemplare eroi piloti di supersonici robots, che volavano dalla cima di monti e atterravano senza nemmeno sfondarsi i tacchi, a cui sparavano raffiche di raggi laser che gli facevano l’effetto di una ceretta a strappo e che, soprattutto, non pensavano mai al sesso, sebbene tettone racchiuse in tute spaziali slim si strusciassero a ripetizione dove non batteva il sole.

E poi, dopo che la terra fu messa al sicuro e Goldrake e Mazinga mandati al Museo della Tecnologia, con Actarus e Tetsuya che finalmente passarono dalle piroette spaziali alla cavallina, l’attenzione dei disegnatori giapponesi si trasferì al mondo reale, dove saghe poliziesche, aspiranti cantanti bambine supportate da animali parlanti o giovani atleti affamati di fama riempivano i pomeriggi della nuova generazione di infanti, oramai dimentichi del cyber spazio e del Ciao Cream e più avvezzi alle sparatorie e alle rovesciate acrobatiche, da gustarsi prima dei compiti, magari con un tegolino fresco fresco di plastica tra le ganasce.

Quelli furono gli anni dei cartoons pedagogici, quelli dei luoghi reali e delle situazioni probabili, dove la fantasia si muoveva nei canali del possibile.

Figlio di questa nuova sperimentazione dell’animazione fu Lupin III, un ladro, giapponese di passaporto, caucasico nei tratti, che aveva messo il chimono in soffiyta per il completo giacca e pantalone slim molto Versace, che girava non in Toyota ma in 500 o sulla mitica R5, come l’Alain Delon dei tempi d’oro della Cote d’ Azur.

Malacopia_lupinInsomma i presupposti narrativi erano quelli dello strafigo cosmopolita che, con un certo style, derubava opere d’arte con l’aiuto di un pistolero nicotinomane di nome Jigen e un giapponese tradizionale in kimono e infradito, lento nell’adeguarsi ai tempi, ma piuttosto veloce nell’arte sacra del taglio della carne (umana), Goemon.

In questo contesto noir, Lupin non era il classico furfante avido e insensibile dei vecchi spaghetti western, interessato solo ai dobloni, ai cavalli con qualche sporadico condimento di figa; si presentava piuttosto uomo sentimentale e razionale, capace di ridere anche quando aveva una pistola puntata alla tempia o la morte sembrava ormai una formalità darwiniana a tre metri dallo schianto al suolo.

E certamente questa complicata e originale matassa narrativa non avrebbe fatto il botto se non avesse riproposto la continua e quasi dannunziana contrapposizione con l’altra parte del mondo, ovvero l’amore e la legalità.

Fujiko Mine (da cui anche uno spin off della serie), disegnata forse da Tinto Bras più che da un cartooner, è la classica femme fatale, colei che offre il piacere estremo con l’abbondanza dei doni della terra (i suoi seni somigliano più a due angurie mature che alle coppe da champagne), che rifila al nostro eroe il classico due di picche, fino quasi a fargli pensare di diventare il testimonial della Modiano. Eppure Fujiko è sempre lì, a dire di no a quel ladro implacabile e pessimo latin lover, fermamente consapevole che in fondo non si può fare a meno di un uomo secco come un chiodo ma con un’anima profondamente dotata.

La legge è il povero Zenigata, apostrofato come il vecchio papà Zenigata o Zazzà. Questi fa della caccia a Lupin la sua ragione di vita, accettando le umiliazioni a cui viene sottoposto bonariamente dal suo antagonista che, alla fine di ogni puntata, lo incastra in un finale inaspettato, ridotto appeso da qualche parte in mutande a pois o con gli uccellini che gli girano intorno alla testa, dopo che l’utilitaria, usata come una fuoriserie, per l’ennesima volta gli ha tatuato il rombo della Renault sulla fronte.

La serie, conclusasi nel 1985, ora (udite, udite!) vedrà una nuova stagione, in onda sulle Reti Mediaset tra maggio e giugno, a celebrare i fasti di una vecchio cartoon con storie avventurose e appassionanti che ne hanno fatto quasi un classico della letteratura digitale, che ha celebrato al suo interno un personaggio ma anche alcuni status symbol degli anni ottanta, dalle automobili della bella vita, al lusso francese targato Brigitte Bardot, all’immagine dell’uomo dal fascino maledetto in capello Borsalino e cicca di sigaretta lasciata fumare al vento.

Soprattutto uno dei pochi casi in cui pistole, inseguimenti e sangue non erano da bollino rosso, anzi: la violenza, quando veniva usata come extrema ratio, era esercitata solo contro i cattivi, i quali il più delle volte ne uscivano solo mazziuliati e mai eliminati, e piangendo accettavano, anche se malvolentieri, la sconfitta. Insomma un bel suggerimento per i bambini che cercano di affermarsi come individui, spesso bramando avidamente lo scontro: essere leader non significa essere violenti ma piuttosto gentleman, di quelli che hanno la pistola (metaforicamente) nel calzino Gallo ma preferiscono non usarla.

Franz Iaria per malacopia

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