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Prima puntata: il regolamento.

Prima della Comunità Europea, prima della Moneta Unica, moooolto prima della crisi economica galoppante, c’è una cosa che da sessant’anni esatti unisce il vecchio continente da Trieste in giù (e anche in su). Giochi Senza Frontiere? Ma nooooo, quello da mo’ che è finito! È lEurovision Song Contest!

TE DEUM IN CORSO… ATTENDERE PREGO…

Linea adesso al nostro inviato in Europa, Andrea Ledda per Malacopia.

“Benvenuti! Da oggi condurrò per Malacopia la nuova trasmissione MalaVision, l’unica rubrica per la quale Angela Merkel ha già promesso pesanti sanzioni economiche, e che per le prossime settimane vi accompagnerà negli oscuri meandri dell’evento non sportivo più seguito del mondo (700 milioni di telespettatori!). Tranne che in Italia.

Un evento dal regolamento semplice quanto la definizione del terzo teorema di Fermat. Ed è proprio di questo che parleremo oggi, così potrete da subito fare una bellissima figura quando vorrete ravvivare una serata oltremodo noiosa ed evitare così di parlare della microeconomia in Papuasia (per quanto interessante possa risultare, ne sono convinto). Tralasciando cavalli e cavilli per dar spazio a gioielli e gingilli, ecco come funziona il Festival più kitsch dell’Universo.

Parto col dirvi che al concorso possono partecipare tutti i paesi affiliati all’Unione Europea della Radiodiffusione (UER o EBU in inglese), e che questi possono adoperare qualsiasi metodo per selezionare il proprio rappresentante. La mia mente contorta mi ha proiettato di fronte ad una possibile sfida all’ultimo sangue tra Al Bano e Romina sul palco dell’Ariston. A suon di acuti. O di flessioni.

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I cantanti in gara non devono necessariamente essere nati nel paese rappresentato (ne vedremo presto svariati esempi), ma devono aver compiuto almeno 16 anni (14 per la questura, 20 per gli organizzatori) al momento della partecipazione. Per ogni esibizione sono permesse al massimo 6 persone sul palco e anche la canzone deve seguire precise caratteristiche:

  • Durata inferiore ai 3 minuti;
  • Il Brano, inedito, può essere scritto e cantato in una qualsiasi lingua, anche inventata, ma non deve essere pubblicato prima di una data imposta dall’EBU (di solito il 1° settembre dell’anno precedente).
  • Non possono esserci contenuti scabrosi, politici, pubblicitari e/o offensivi, sia nel brano quantomeno nell’esibizione, e gli animali sono assolutamente vietati.

Ora, quest’ultima regola ha sollevato non poche perplessità. Chi mai si presenterebbe a cantare con il proprio animaletto di compagnia? Il che ci spinge inevitabilmente ad interpretare la norma come un tentativo – non so quanto efficace – da parte degli organizzatori di evitare che si presentino sul palco cantanti particolarmente CANI. Ma vale anche per i gatti, dal che l’esclusione di Anna Oxa e Antonella Ruggero, che ultimamente miagolano.

Detto questo, secondo me avete già scartato l’idea di presentarvi il prossimo anno o, almeno, di portare con voi il vostro fuffy.

Ma mica è finita qui! Per evitare estenuanti maratone televisive, da qualche anno i finalisti vengono scelti attraverso due semifinali, da svolgersi 4 e 2 giorni prima della finale.

Da queste semifinali usciranno le nazioni che parteciperanno alla serata finale e che faranno compagnia alle BIG 5, ovvero le nazioni che più contribuiscono con gli Euri sonanti alla sopravvivenza dell’UER e che passano di diritto alla serata decisiva, e alla nazione ospitante. Le nazioni già finaliste potranno votare nelle due semifinali, divise in due gruppi di voto (tre nella prima e tre nella seconda).

La serata finale, della durata massima di 3 ore, è un vero e proprio CIRCO che, nonostante l’altro livello di trash, segue un protocollo rigidissimo: prima le esibizioni di tutti i cantanti (con una sola interruzione pubblicitaria a metà serata per la gioia di noi poveri telespettatori abituati a Ballando sotto le stelle) e poi, al grido di “EUROPE! START VOTING NOW!”, parte il televoto, della durata di soli 15 minuti, durante il quale ogni paese vota il cantante preferito (tranne quello autoctono, non vorremo vincere facile eh?!). Al termine del televoto ci si prepara al momento più atteso dell’intero concorso, anche più delle esibizioni stesse: i RISULTATI.

Ogni portavoce annuncia la classifica di gradimento del proprio paese (usando una delle due lingue ufficiali dell’EBU, inglese o francese), assegnando ai primi dieci 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 10 e infine i famoserrimi “TWELVE POINTS”, che di fatto scatenano il boato del pubblico nell’arena e scene di delirio mistico da parte dei cantanti.

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Un simpatico algoritmo creato per tenere la suspense fino alla fine viene usato per stabilire l’ordine degli annunci. 

Vince l’Eurovision Song Contest chi ha più punti. Facile vero? NO! Perché nel malaugurato caso di un pareggio, vince chi ha ricevuto punti dal maggior numero di paesi, costringendo così gli organizzatori a fare astrusi calcoli mentali.

Ah si, dimenticavo. Il paese che vince l’E.S.C. è OBBLIGATO a ospitarlo l’anno successivo (costo medio dell’operazione: 10 milioni di Euro). Ora ditemi: secondo voi perché l’Italia ha vinto solo 2 volte in 59 edizioni?

Per oggi è tutto. Nella prossima puntata vi racconterò la storia della competizione, dal 1956 a oggi. Non vedete l’ora, eh? Linea a Malacopia :-)”

Andrea Ledda per malacopia