Oggi il postino ci ha consegnato questa malinvista all’attore Carlo di Maio. Buona lettura!
Tu e malacopia: cos’è per te la malacopia? Ci racconti un episodio che ha a che fare con la malacopia?
Innanzitutto, buongiorno! Se rifletto sulla parola ‘malacopia’, di rimando mi viene in mente immediatamente la ‘brutta copia’ e di conseguenza tutti quei pensieri relativi alla scuola, alla mia infanzia ed alla mia formazione. Non ho mai amato la brutta copia, in verità, mi piaceva andare sempre in ‘bella’, mi dava subito il senso dell’immediato, dell’istantaneo. Anche se poi il foglio del compito diventava una sorta di mappa geografica con appunti, frecce ed aggiunte, per cui alla fine il risultato era che prendevo sempre dei cattivi voti. Ma non ho mai avuto a che fare con la bruttacopia. Eppure, il vissuto più recente mi fa pensare ad un vecchio trucco usato dai vecchi attori che, per mandare a memoria le proprie battute da recitare in palcoscenico, copiavano e ricopiavano durante le prove la parte fino a saperla a menadito. Io ancora uso questo vecchio metodo e devo dire che funziona a meraviglia.
Lavoro: di gruppo o solitario?
Assolutamente di gruppo. Abituato a lavorare da sempre in teatro come attore, è imprescindibile pensare di lavorare in quel luogo sacro da soli. È come pensare ad una funzione religiosa da svolgersi da soli: ci si può confrontare col divino da soli, ma tutto l’immaginario e la pratica religiosa è concepita per e con una comunità di religiosi. Ed è così anche in teatro. Noi siamo una comunità che si forma all’occorrenza, e di conseguenza si tratta di un lavoro di equipe: ad ognuno il suo compito, il suo rapporto diretto con il proprio impegno e la propria professionalità, e tutte queste entità autonome se funzionano bene concorrono a realizzare un buon prodotto. E poi a me piace lavorare in gruppo, confrontarmi e rapportarmi con un gruppo, per cui anche se non avessi fatto il lavoro che faccio mi sarebbe piaciuto lavorare in un team per potere avanzare insieme negli sviluppi e nei progressi professionali.
Ci descrivi il tuo lavoro: come lo vivi e come lo pensi?
Io, si sarà capito da ciò che ho affermato in precedenza, ho cominciato a muovere i miei primi passi in teatro, dapprima con una compagnia di filodrammatici del mio paesello in provincia di Napoli, poi con la formazione professionale presso l’Istituto Nazionale del Dramma Antico di Siracusa e poi con i primi impegni lavorativi come attore professionista. Ho sempre vissuto il tutto, per mia deformazione personale, con grande impegno e grande passione, con l’ansia costante per il rinnovamento e la formazione, per cui ho la presunzione di affermare che il mio lavoro è tutta la mia vita. Una scelta dura e difficile che col passare del tempo diventa sempre più ardimentosa, ma amo il mio lavoro, vivo per il mio lavoro, e penso costantemente al mio lavoro. Le mie scelte, le mie giornate son sempre orientate e condizionate dalla mia scelta professionale. Mi sento un po’ un sacerdote, per ritornare all’esempio religioso, che officia ogni giorno la propria celebrazione quotidiana.
Cos’è per te la creatività?
La creatività è parte della vita di ognuno di noi, anche se poi varie intromissioni culturali di vario genere tendono a castrare la nostra creatività, e parlo in generale e non solo riferendomi al mio specifico del lavoro dell’attore. Credo che ogni uomo abbia un potenziale creativo non indifferente: basta vedere quanta fantasia sommersa spinge per potersi affermare al giorno d’oggi. Anche se spesso, in assenza di formazione, stenta ad emergere. Ma ritengo che il talento sia innato in ognuno di noi. Certo i talenti sono diversi ma pur sempre talenti. Mi piace a volte, laddove mi è permesso, valorizzare quei talenti che altrimenti resterebbero inespressi. La creatività ha anche funzione secondo me terapeutica: se si esercitasse di più probabilmente molti analisti resterebbero a spasso…
Creativo è anche utile?
Credo di avere già risposto: la creatività è utilissima, soprattutto perché aiuterebbe e supporterebbe tante mancanze dovute al tipo di vita che purtroppo si conduce ai giorni nostri. Essere creativo, esercitare la propria creatività potrebbe anche essere ‘merce’ di scambio per poter realmente guardare dentro di noi. La creatività ti mette a nudo, ti toglie tutte quelle difese che per forza maggiore ci imponiamo a fronte di un reale confronto con se stessi e con chi ci sta accanto. La creatività, ripeto, può essere terapeutica… Ma il lavoro da fare è tanto.
Un’idea per il futuro.
Non saprei, ma sicuramente (si tratta di una cosa che faccio anche su di me ogni volta che apro gli occhi su un nuovo giorno), cercare sempre e solo la verità in ogni cosa ed in ogni rapporto: questo ricondurrebbe all’origine di tutte le cose, avremmo tutti un rapporto vero fra di noi e con le cose che la natura così spontaneamente ci regala e di cui ci circonda. Finalmente potremmo avere un rapporto dinamico di rispetto reciproco nella nostra diversità perché è inutile ripeterlo: solo nel rispetto della diversità avremo un futuro altrimenti siamo destinati apocalitticamente all’estinzione. Per la natura non esistono differenze, giudizi o condanne!
con amore
… Carlo Di Maio e malacopia
Scrivi un commento