Malinvista ad Andrea Scaramuccia, rugbysta e studioso di filosofia.
Tu e malacopia: cos’è per te la malacopia? Ci racconti un episodio che ha a che fare con la malacopia?
Avendo lavorato nell’ambito delle traduzioni, sono consapevole che una versione definitiva di un lavoro è qualcosa a cui si tende solo come aspirazione, ma raramente come a un risultato. Generalmente c’è bisogno di diverse stesure di una traduzione, della revisione di un occhio esterno, e di una successiva rilettura “a freddo”, che permetta una distanza oggettiva per quanto riguarda correttezza testuale e grammaticale, fluidità stilistica e sintattica.
Lavoro: di gruppo o solitario?
Preferibilmente solitario, ma fino ad ora ho lavorato solo in equipe, in ufficio e per lo sport che pratico: il rugby, che è uno sport decisamente di squadra…
Ci descrivi il tuo lavoro: come lo vivi e come lo pensi?
Qualcosa di accademico: sto per iniziare alla Biblioteca Reale di Copenhagen, nella sezione “manoscritti”, ma cercando anche, nonostante l’età non più giovanissima, di mantenere la mia passione per il rugby giocato. Mi piacerebbe conseguire inoltre una “patente” di allenatore dall’Unione Rugby danese, così da poter insegnare questo sport, che mi ha dato tanto, anche ai “novellini”…
Cos’è per te la creatività?
Produrre e creare qualcosa di utile per sé o per gli altri.
Creativo è anche utile?
Non necessariamente, ma se lo è, meglio!
Un’idea per il futuro.
Pubblicare una traduzione italiana di tutti gli scritti di Søren Kierkegaard, come hanno i paesi più importanti (Francia, Inghilterra, Stati Uniti, Germania, Cina, ecc.).
…con amore
Andrea Scaramuccia e malacopia
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