oltre il cieloCi sono persone che amano definirsi scrittori. E magari lo sono davvero, per vocazione o per mestiere. Leggendoli è possibile scoprire che hanno, effettivamente, una buona capacità di scrivere e di veicolare concetti. Scrittura: la possiedono, la governano, la sanno gestire con sapienza.

E poi ci sono persone che, indipendentemente dalla loro etichetta, hanno, invece, il dono della narrazione. La capacità di narrare ha una forza che va oltre la tecnica e il buon gusto. Se possibile anche oltre lo stile. Il dono della narrazione è un dono potente. E ce l’hai oppure non ce l’hai. Punto.

Ecco, noi crediamo che Maurizio Cavallo abbia il dono della narrazione.

Se qualcuno di voi ha appena fatto un salto sulla sedia, sentendo questo nome, sappiate che il nostro approccio al suo “Oltre il cielo” desidera essere assolutamente letterario. La nostra attenzione -per lo meno in questa sede- è rivolta verso l’uomo che scrive e non è nostra intenzione dibattere circa la tangibilità “terrena” del racconto.

Per chi, invece, non conosce Maurizio Cavallo è doveroso un breve tuffo nella sua storia, senza un eccesso di spoiler, però. Non vogliamo svelarvi troppo nè guastarvi una prossima lettura.

L’esperienza che Maurizio Cavallo, in arte Jhlos, racconta in “Oltre il cielo” costituisce uno dei più noti episodi di cronaca ufologica del panorama italiano di fine secolo. Con reticenza osiamo definirlo “addotto”, anche se il termine, entrato a pieno titolo nel vocabolario di esperti e non, assume, nel nostro pensiero più comune, una connotazione negativa che non (del tutto) si addice all’esperienza di Maurizio. Jhlos (da qui adotteremo anche noi il suo alias, ci piace), benché involontario protagonista di un’esperienza di contatto difficile da dimostrare con fatti e mezzi concreti, si fa portavoce di un racconto emozionante, entusiasmante, a tratti poetico e profondo, a tratti scioccante per i risvolti e le ripercussioni che ha portato alla sua vita.

vintageuforeaderCi riferisce degli episodi personalissimi e unici, in questo scritto, che è l’opera prima di una raccolta in cui, passo passo, aggiunge elementi nuovi del suo vissuto. I dialoghi sono immagini: Jhlos, per chi volesse visitare il suo sito, ha ricreato anche nelle sue opere pittoriche queste esperienze. Non sono slegate, queste due modalità espressive: pittura e scrittura. Troviamo che si completino e che si compenetrino. Troviamo che, leggendo le sue pagine, Jhlos abbia saputo trasmetterci qualcosa di molto simile a quelle visioni e che ce le abbia fatte “sentire sulla pelle”. Attraverso i suoi disegni ci avvicina alle sue narrazioni scritte. E viceversa.

I racconti di Jhlos non sono fatti per chi desidera credere, ma nemmeno per chi, da scettico, desidera non credere. Vi lascia al vostro diritto di interpretare, cosa che desideriamo fare anche noi.

Crediamo, però, che i racconti di Jhlos siano perfetti per una specifica categoria di persone: per coloro che oltre ad amare la lettura sanno anche ascoltare.

Ecco, crediamo che una così valida voce narrante meriti un lettore che ama ascoltare.

Fermo restando che anche coloro che pretendono una impeccabile proprietà di linguaggio non rimarranno delusi.

Noi siamo rimasti a dir poco colpiti. Intimamente emozionati.

Silvia Sissa Franceschelli per malacopia

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