Nel mese in cui Malacopia celebra i profumi, a me, attore per passione – purtroppo non per lavoro! – spetta il compito di raccontare il profumo del teatro.
…Il profumo? Uno solo? Il teatro ha tantissimi odori.
Che è innanzitutto l’odore che ti porti dietro da casa quando ti trovi con i compagni di palco a macinare il copione, a lasciarti possedere dal tuo personaggio, ad ascoltare il regista che ti fa ripetere la scena mille e mille volte. È un profumo carico di sacrificio e di pazienza per quell’immensa mole di lavoro nell’attesa palpitante di andare in scena.
È anche profumo di condivisione, di sudore, di rabbia.
C’è l’odore del palco.
Inconfondibile. Odore di polvere e legno. Non fastidioso o che richiama un’idea di sporcizia.
È un sano odore di antico quanto lo è quest’arte, è il sano odore di migliaia di piedi che hanno calcato quelle tavole, di miriadi di storie e personaggi che lo hanno abitato.
È l’odore dei drappi del sipario, delle quinte, dove resti in attesa che sia il tuo turno, dove assisti i compagni in scena, dove spii il pubblico e le sue reazioni mentre ti rilassi un attimo o dove combatti con la tachicardia prima di tornare in scena.
C’è l’odore della prima.
Quando l’adrenalina è a mille, senti il bisbiglio del pubblico in sala e percepisci il tuo odore di sudore da panico mentre il cuore scoppia in quegli interminabili minuti silenziosi che precedano l’apertura del sipario. Aspetti e ti chiedi se non potevi sceglierti un’altra passione e hai l’impressione sconfortante di non ricordare nulla, di non sapere più nulla.
Quando sei in scena e la sala è piena e vieni avvolto dal cocktail di fragranze di tutte quelle persone che sanno di attesa e che si sono profumate prima di uscire per respirare mille emozioni a teatro.
Non lo vedi il pubblico. Lo spii da dietro le quinte e lo senti sotto il palco. Eccome se lo senti! Ne senti l’energia, che profuma anch’essa. Non solo di attenzione e applausi.
È un magnifico profumo di umanità, di gente che, poi, se lo spettacolo piace, ti inebria con il suo entusiasmo ed il suo consenso.
C’è il profumo del camerino.
Prima dello spettacolo, carico di odori dei costumi e dei cosmetici del trucco, di deodoranti, lacche e ammorbidenti. Quel profumo di agitazione e voglia mentre inizi a concentrarti sullo spettacolo.
E c’è il profumo del camerino dopo lo spettacolo, quando c’è quel momento di relax in cui, esausto, stai lasciando il personaggio e torni te stesso, sei sudato, con addosso una stanchezza non fastidiosa ma di enorme pace, quasi come se avessi appena fatto l’amore.
E forse l’hai fatto l’amore. Col tuo personaggio, con l’autore, col teatro, con l’arte, con il pubblico.
E c’è l’odore della gratitudine.
Quella che tu provi per il pubblico che è venuto a dare un senso al tutto e che, magari, quando esci, ti dimostra riconoscenza parlandoti, facendoti un complimento, regalandoti le sue considerazioni o un semplice apprezzamento sul tuo modo di recitare e sullo spettacolo.
A teatro puoi scegliere di togliere tutto: puoi mimare e togliere la voce, puoi recitare a voce piena e togliere l’amplificazione, puoi recitare nudo, senza costumi, in uno spazio spoglio e senza (apparenti) scenografie. Quello però che non puoi mai togliere sono gli odori, il profumo del palco, del sipario, delle luci, della storia, dell’attore, del pubblico, delle emozioni.
Quando penso a tutta questa ricchezza mi chiedo: dove altro trovi una forma di spettacolo a cinque dimensioni???
Federico Benna per malacopia
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