Quando la maestra diede come compito per il giorno dopo un “racconto con le manette” a Pierone vennero i brividi. Che cos’era un “racconto con le manette”? Con quel termine la maestra intendeva un racconto che avesse degli elementi obbligati, nessuno dei quali doveva essere trascurato o ignorato nel corso del racconto.
Pierone era chiamato così perché era grande e grosso almeno quanto lo era la sua fantasia. La sola cosa che proprio non sopportava era che questa fantasia fosse incatenata da qualsiasi obbligo o costrizione. Invece quel giorno la maestra voleva che nel racconto ci fossero un cappello, un tombino, un cartello, una spiaggia, un ragno e un granchio. Tutti questi elementi, ma proprio tutti.
Giunse a casa e consumò un buon pasto. Poi, Pierone si mise al lavoro. Anche se mal digeriva quel tipo di compito, certamente molto più indigesto del lauto pranzetto che la mamma gli aveva preparato, voleva fare bella figura di fronte alla classe e alla maestra. Passò un intero pomeriggio a pensare e ripensare, immobile di fronte a quel foglio di carta, che manteneva il suo iniziale candore. Si sentiva imprigionato. Poi, d’un tratto, la sua fantasia gli suggerì un’idea che gli parve fosse la soluzione di tutti i suoi guai. Era meglio occuparsi di una sbarra alla volta piuttosto che far saltare in aria l’intera prigione!
Scrisse così sei brevi racconti, in cui in ognuno di essi c’era un solo elemento di quelli richiesti: nel primo c’era un cappello parlante che si lamentava quando pioveva, nel secondo un tombino che faceva cadere al suo interno tutte le persone furbe, nel terzo un cartello con un punto interrogativo e basta, nel quarto una spiaggia che cambiava mare ogni mese, nel quinto un ragno che dipingeva quadri bellissimi sulla tela che tesseva, e nel sesto un granchio che, facendo un sacco di errori, prendeva un granchio dietro l’altro. Tutto questo gli risultò molto più facile e divertente che non scrivere un racconto unico con i sei elementi legati assieme.
Fatto ciò, Pierone ritagliò meticolosamente tutte le parole dei racconti che aveva scritto e le mise alla rinfusa in una scatola. La agitò per una buona mezz’ora e poi versò il contenuto in una pentola con l’aggiunta di un cucchiaio da minestra ricolmo di colla. Dopodiché mise tutto in forno a una temperatura non troppo alta, in modo da non bruciare la carta. Dopo un’ora di forno Pierone estrasse una lunga catena di parole che fece freddare e poi incollò su un nuovo foglio.
La mattina dopo non vedeva l’ora di portare alla maestra il compito per capire se la sua invenzione avesse funzionato. La maestra rimase di stucco di fronte ad un tale capolavoro. Apprezzò molto la fantasia di Pierone e il suo modo creativo di affrontare il problema. I suoi compagni si divertirono tantissimo a sentire quella storia strampalata con un granchio col punto interrogativo sulla coda, che cadde in un tombino in spiaggia dove incontrò un ragno, il quale portava in testa un cappello parlante, che, quando pioveva, faceva un sacco di errori di grammatica!
La maestra non potè fare a meno di dare a Pierone un bel 9 che, però nel corso del passaggio di mano dalla maestra all’alunno, si rigirò diventando un 6, che bastò per fare di Pierone il bimbo più felice del mondo.
Luciano Manzalini
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