Una lacrima e un sorriso.

Malacopia_Si_Accettano_miracoli_3(ATTENZIONEspoiler) Fulvio è l’orgoglio della famiglia Canfora. Lasciati i due fratelli e il paesello sospeso tra montagna e campagna (si chiama Rocca di Sotto ma in realtà è sopra sul cucuzzolo della montagna), è arrivato nella grande città, inseguendo il sogno della scalata sociale come un moderno parvenuEntrato nel mondo del lavoro, ne comprende perfettamente le regole spregiudicate e riesce a costruirsi un posto al sole: diventa responsabile delle risorse umane, è il delfino del direttore, ottiene l’acceso ad uno stile di vita che gli consente di disporre di ogni costoso status symbol, dagli accessori griffati all’auto più glam del momento.

In questo mondo fatato, che ha i confini del Centro Direzionale di Napoli, aleggia, tuttavia lo spettro della crisi. La ditta deve licenziare e affida l’ingrato compito a Fulvio, a riguardo istruito dal suo superiore. Il discorso è sempre uguale: con la dialettica di scuola napoletana si vuole fare apparire accettabile ciò che non lo è, alla fine ogni pianto di disperazione viene consolato con l’offerta di un kleenex e di un’inadeguata buonuscita. Fulvio se la ride, eccome. Pensa di essere pronto alla promozione e si crede ‘ un buono’, fin quando il direttore lo chiama nel suo ufficio e lo  licenzia con gli stessi insulsi metodi che ha insegnato al suo oramai ex allievo. Fulvio non ci sta e si infuria come una iena. Il tentativo del suo interlocutore di farlo ragionare, si conclude con la classica capata con cui l’allievo stende il maestro.

Malacopia_Si_accettano_miracoli_2Segue un processo per direttissima e il povero Fulvio viene affidato ai servizi sociali e alla sorveglianza del fratello Germano (Fabio de Luigi), sacerdote morigerato responsabile di un orfanotrofio a Rocca di Sotto. Qui ritrova anche la sorella (Serena Autieri), donna frustrata e autolesionista, che ha sposato uno stecchino d’uomo, cagionevole di salute  e per giunta impotente.

Il ritorno al passato, vissuto inizialmente con sofferenza, diventa accettabile grazie ai bambini della Chiesa, i classici scugnizzielli napoletani, piccoli e sfortunati, ma già svelti nel modo di pensare e con una lingua che è una vera e propria frusta. Fulvio, abituato ad un tenore di vita alto, deve affrontare la realtà della povertà e apprende la notizia che l’orfanotrofio chiuderà per mancanza di fondi. L’Archimede napoletano, accesasi la lampadina, inventa un falso miracolo: la statua di San Tommaso miracolosamente piange, i turisti accorrono e Rocca di Sotto sembra diventare la nuova Lourdes. (fine dello spoiler) Il resto… Ve lo andate a vedere!

Malacopia_Si_accettano_miracoli_1Il film ripropone il classico genere del romanzo di formazione, per cui un individuo, convinto di essere baciato dalla sorte, viene catapultato fuori dal proprio contesto e deve vivere mille avventure che lo mettono alla prova e lo spingono a trovare soluzioni, contando solo su se stesso e le proprie capacità.

Questa premessa ambiziosa, però, si infrange con il bisogno di voler essere simpatico ed ironico a tutti i costi. Fulvio si relaziona ai paesanotti con piglio filosofico, che diventa banale perchè si condisce delle solite battute della tradizione dialettale, che, spesso, sono effettivamente ben contestualizzate e suscitano il riso di pancia, ma, in diverse altre scene, sono scontate e finiscono per essere un buco nell’acqua.

Malacopia_Si_Accettano_miracoli_3La spalla efficace e riuscita di Siani sono, invece, i bambini. Questi piccoli Oliver Twist, sfortunati ma orgogliosi, sono sempre schietti e diretti, giudicano gli adulti lucidamente e si impongono con la loro simpatica spontaneità. che è davvero il vero motore del film.

Nel complesso, il movie non sembra completamente riuscito nel rappresentare la dura realtà del precariato e le difficoltà del popolo minuto, perchè le problematiche vengono solo sfiorate e mai approfondite con un minimo di intenzione critica, riuscendo, comunque,  a conservare una direttrice di leggerezza.

Tuttavia si riconosce in Siani un tentativo di evoluzione come artista, dal far ridere a tutti i costi, al ridere raccontando e lasciando allo spettatore qualche sottile spunto di riflessione.

Franz Iaria per malacopia