Le feste sono finite e con loro i lauti ed eterni pranzi che hanno resistito anche alla crisi, ma, si sa, a Bologna a tavola non ci si è mai risparmiati neppure nel passato: non per nulla si guadagnata l’appellativo di “Bologna la grassa”, che le è stato universalmente attribuito per la bontà dei salami e dei salsicciotti che vi venivano prodotti. Ortensio Landi, che vi studiò medicina, nel 1545 dichiarava con entusiasmo: “Non mi voglio scordar d’avvertirti che in Bologna si fanno salsicciotti i migliori che mai si mangiassero; mangiansi crudi, mangiansi cotti e a tutte l’ore n’aguzzano l’appetito; fanno parere il vino saporitissimo ancora che svanito e sciapito molto sia: benedetto chi ne fu l’inventore, io bacio e adoro quelle virtuose mani. Io ne solevo portar nella saccoccia per aguzzar la voglia del mangiare, se per mala sventura svogliato me ritrovava…”.
Va detto che sulla tavola del tempo non regnavano solo grosse salsicce e bariletti di olive che erano rinomate quanto quelle di Spagna per grossezza e dolcezza, anzi, da Comacchio e da altre valli del ferrarese giungevano sui banchi del mercato, posto sotto una grande tettoia nella via ancor oggi chiamata “delle pescherie vecchie”: storioni, gamberi, granchi, cefali, anguille, tonni, ostriche e piccoli pesci da frittura.
Un bando del 15 gennaio 1508 ordinava che al pesce non venduto il primo giorno in cui veniva offerto sui banchi del mercato venisse tagliata la coda per distinguerlo da pesce fresco. Il pesce rimasto dopo due giorni doveva essere gettato nell’Aposa o in altro corso d’acqua. Considerato che allora la città era attraversata da moltissimi corsi d’acqua e che dentro ci si buttava di tutto, immagino che l’atmosfera non fosse esattamente “fragrante”… Tuttavia, l’appetito non mancava!
Le macellerie o “beccherie” furono nel 1564 concentrate in via degli Orefici, via degli Speziali (ora Caprarie), dove aveva sede la Compagnia dei beccari e nel Mercato di mezzo (ora via Rizzoli). Ogni anno venivano macellati circa seimila manzi, ottomila vitelli, cinquemila agnelli e quattromila tra capre, pecore e montoni! I bolognesi amavano anche la selvaggina e, in ragione di ciò, partecipavano alle battute di caccia anche le donne. Per evitare carneficine inutili furono date delle regole: fu vietato cacciare entro otto miglia dalle mura della città lepri, caprioli, quaglie, pernici, fagiani e colombi. Per rendere il compito meno facile ai cacciatori, era vietato severamente usare balestre, reti, trappole, ma anche falchi, sparvieri e ogni uccello da richiamo. Ma che gli restava, allora? …La fionda, forse… O forse no se è vero il detto: “Due piccioni con una fava”!
(…continua…)
Rossana Conte
…for malacopia
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