Con parole mie: storia di un copriocchiaie troppo zelante.

Malacopia_Conparolemie_radio1_logoIn memoria del programma radiofonico di Radio1 Con parole mie (26/6/1999-4/4/2013).

Vorrei dirlo Con parole mie: la chiusura, il 4 aprile scorso, di uno dei programmi più seguiti della radio è perfettamente in sintonia coi tempi che stiamo vivendo. Il conduttore Umberto Broccoli, che è persona colta, citerebbe Cicerone e direbbe mala tempora currunt. Io non volo così alto, ma, grazie al mio tubetto di copriocchiaie, ho  capito le ragioni profonde che stanno alla base della scelta di Flavio Mucciante, neo direttore di Radio1.

Il copriocchiaie, per chi non lo sapesse, è una crema colorata, di solito rosa pallido, che serve a mascherare le antiestetiche macchie blu che segnano la pelle dell’orbita oculare. È un ingrediente fondamentale di ogni trucco sapientemente dosato e forma un trio di base con crema nutriente e burro di cacao. Senza acqua non c’è vita sulla terra; senza copriocchiaie non c’è maquillage che si rispetti. Per quanto mi riguarda non esco mai di casa senza aver passato un velo del delicato unguento sotto i miei occhi. Sono quindi una consumatrice accanita di questo elemento. Ma quanto spendo per il quotidiano restyling del mio squardo? Non saprei. Possiedo infatti lo stesso copriocchiaie da circa vent’anni. È un tubetto miracoloso di Christian Dior che, all’epoca, devo aver pagato un botto, ma non sarei più in grado di quantificare l’esborso neppure di fronte ai gendarmi del redditormetro.

Malacopia_Conparolemie_radio1_1Non so quale sia il segreto di questo tubetto, eppure da 20 anni mi serve fedelmente, offrendomi ogni giorno poche gocce di nutrimento che mi fanno passare 24 ore esteticamente accettabili. Mi sono spesso chiesta se Christian Dior si sia mai pentito di questa produzione. Forse lui personalmente no, visto che è morto nel ‘57, ma la sua illustre maison sicuramente sì. Un tubetto così zelante, pieno fino al midollo, disposto a servire la propria padroncina per quattro lustri, dev’essere considerato un vero flagello da chi spera di fare soldi con tali prodotti. Un errore nella catena di montaggio, una variabile impazzita, totalmente indifferente alle logiche del capitale. In sostanza quello che oggi si evita come la peste: un’eccellenza, una crema che in quantità infinitesimale può risvegliare, per secoli, anche lo sguardo di Morticia Addams. L’altro giorno, rigirandolo fra le mani, così ridotto agli sgoccioli, vecchietto ma ancora lavoratore, elegante nel suo abitino blu di plastica con scritte oro, ho capito che è proprio un tubetto di altri tempi e  ho avuto un’illuminazione: “ecco perché hanno chiuso Con parole mie, perché era un programma troppo denso di qualità per i giorni nostri”.

La trasmissione di Broccoli, con quella massa di citazioni, di ricordi, di spezzoni di teche Rai, con quell’umorismo da oratorio, così delicato, con quel senso di struggimento e di nostalgia che ti faceva commuovere, era qualcosa che il mondo contemporaneo, in cui troneggia il volitivo Mucciante, non poteva accettare. Un copriocchiaie luminoso per sguardi troppo cupi.

Come si fa a sopportare un programma che va in onda da 15 anni con ottimi ascolti? Come si possono tollerare 50 minuti di eleganza, gentilezza, sapienza, ricordi? Come si può accettare che qualche giovane ascoltatore scopra le qualità del Quartetto Cetra o gli aforismi di Flaiano e Marcello Marchesi? Come si possono trasmettere i diari di Gadda dal fronte della Grande Guerra? E poi tutte quelle frasi in “latinorum”, ma non è una lingua morta? E infine si parlava persino l’italiano! 

Basta. Ci vuole un po’ di interattività, ci vuole un po’ di musica pop, perché non ce n’è abbastanza. Ci vogliono preti e suore che cantino il rock a squarciagola o qualche bel momento di radio-dramma-verità. Qualcosa che serva a poco e si consumi in fretta, che sia utile al vitale ricambio, alla sana  circolazione delle idiozie, che sono la moneta forte con cui si combatte ogni crisi. Basta, i broccoli vadano al loro posto, con le orecchiette nell’ennesimo programma di cucina, perché “magnare” dobbiamo tutti i giorni. Pensare invece non è indispensabile e questo Mucciante lo ha capito benissimo.

Maria Teresa Scorzoni per malacopia