Lo so, ci sono tante paure e in questo periodo, purtroppo, non abbiamo che l’imbarazzo della scelta. Rovistando nel cesto delle mie sono andata a pescarne una che stava sul fondo da un po’ di tempo, ignorata, rimossa, quasi clandestina. La voglio dichiarare subito senza tanti preamboli: è la paura, anzi il terrore, del cuoricino. Avete presente quel grazioso disegno di cui le fanciulle infarciscono i loro diari? O quella cosa rossa e pulsante che ci spediamo ogni tanto via wathsapp? Sulla tastiera delle nostre emoticon ne troviamo in abbondanza di ogni tipo e colore: gialli, azzurri, verdi o fucsia; rosa col fiocco, incastrati fra due faccine, trafitti, con le stelline, circondati da altri cuori, impressi sulle buste o addirittura sui nostri occhi. Insomma il nostro cuore batte continuamente, traboccante di buoni sentimenti verso i nostri interlocutori. O almeno così sembra.
La prima volta che il cuoricino mi impressionò fu quando la sedicenne Erika, con il fidanzatino Omar, fece fuori la mamma e il fratello minore con un numero impressionante di coltellate, una mattanza degna di un film pulp. Sul corpo del piccolo Gianluca vennero contati 57 fendenti. Il bimbo si era rifugiato nel bagno, ma la sorella, dopo aver ucciso la mamma di fronte a lui, lo convinse con le buone ad aprire la porta e lo finì nella vasca da bagno, in posizione fetale.
Ricordo che all’epoca in tv mostrarono il diario della ragazza, pagine dove i cuoricini di mille forme e misure comparivano dappertutto. Un’adolescente tutta rose e fiori, si sarebbe detto guardando quel reperto.
Invece sotto quei fiori c’erano mille spine, non tanto per lei, più che altro per chi le stava accanto.
Ma noi siamo un paese cristiano, perbacco! E i nostri cuori sanguinano appena c’è un malvagio che si manifesta: così di comprensione in perdono, alla 16enne furono inflitti 20 anni. Ne ha fatti 11, si è laureata e ora, forse, è tornata a casa da papà. Il quale, all’epoca, ritinse la casa e continuò ad abitarci dentro, dimostrando di avere un bello stomaco oltre che un gran cuoricino.
Questi cuoricini poi sono tornati a frotte in altri casi di delitti efferati, perché sono uno dei prodotti più in uso nell’epoca contemporanea e quindi li impiegano tutti, assassini e non.
Li uso anch’io, purtroppo, e mi dà un gran fastidio, perché non riesco a sottrarmi al rito collettivo. Ormai grondiamo tutti affetto da ogni poro. Trasudiamo comprensione, altruismo, linguaggio corretto. I social sono intasati di barzellette vergognose, eppure, chissà perché, quando ce le manda un qualsiasi conoscente o amico digitale ci sentiamo obbligati a ridere fino alle lacrime, dando corpo e disegno alle nostre mille emozioni positive, frizzi, lazzi e cuoricini. Una giostra di incantevoli stupidate. Le catene dense di impegno sociale, gli appelli al nostro altruistico portafogli e le lezioni di perbenismo si sprecano in ogni dove. A parole e faccine sembriamo tutti santi. Ecco, questo mi fa una gran paura.
Mi pare che tutta questa melassa copra ormai ogni nostro vero sentimento, ogni emozione che si rispetti e ci impedisca di crescere (anche in età matura), di misurarci in profondità con quello che siamo e quello che proviamo. La mancanza di spessore può avere in soggetti disturbati, come Erika e Omar, effetti devastanti. Ma intacca anche chi si crede al riparo da ogni rischio, poiché siamo tutti parte di questa ubriacatura collettiva. La spiegazione, forse, sta nel fatto che siamo tutti continuamente in contatto, in vetrina, perciò cerchiamo una maschera per nasconderci e quella dell’”anima bella” è, socialmente, la più accettabile.
A furia di mascherarci però non sappiamo nemmeno noi chi siamo, non ci assumiamo più il rischio delle nostre idee, dello scontro (verbale) anche violento, nel quale rivelarci, capire e, magari, cambiare. Se non sbagliamo più non impariamo più. Se non corriamo qualche rischio nelle relazioni, per difendere anche idee impopolari, non andiamo avanti.
Ricordiamocelo ogni tanto e lo dico in primo luogo a me stessa: non lasciamo che il nostro cuore si riduca a un cuoricino. Amare anche un sola persona è una gran fatica, un grosso impegno e a volte una grandissima rottura; figuriamoci quale impresa titanica è vedere gli altri, soprattutto quando mettono a rischio il nostro spazio vitale. La strada della verità è impervia e difficile da trovare, non sono sicura che ci sia, ma cerchiamola almeno.
Sempre vostra
Maria Teresa Scorzoni per malacopia
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